Urbanistica

Con le nuove tariffe elettriche i pannelli fotovoltaici perdono convenienza

Tra benefici fiscali, ridimensionamento dei prezzi e risparmio energetico, l’installazione dell’impianto fotovoltaico continua a offrire vantaggi in campo residenziale. Vantaggi che sono però meno evidenti di un tempo, quando il settore veniva trainato dagli incentivi del Conto energia, e che sono sempre meno “scontati”, perché dipendono più di prima dalle abitudini di consumo degli utenti. La convenienza della scelta fotovoltaica non è neppure indifferente alla riforma delle tariffe elettriche in ambito domestico, entrata in vigore da gennaio 2016 (si veda la scheda). Anzi: è un aspetto che desta preoccupazione tra gli operatori.

In questo contesto, vivono ancora in un limbo i sistemi di accumulo energetico abbinati ai pannelli. I numeri a riguardo – emersi da un’analisi dell’Energy Strategy Group del Politecnico di Milano elaborata per Casa24 – raccontano infatti una storia ambivalente. Da un lato, sono stati compiuti grandi passi in avanti, quanto a tecnologia e costo degli apparecchi, soprattutto sull’onda dello sviluppo della mobilità elettrica. Dall’altro, mancano ancora alcuni tasselli per una piena scalabilità (e un uso profittevole nelle abitazioni).

Il discorso può essere tradotto con gli esempi formulati dagli esperti del Politecnico milanese (si veda la grafica), tracciati sulle abitudini di una famiglia tipo con un consumo complessivo di 4mila kWh annui: sia nel caso si intenda installare ex novo il fotovoltaico, sia quando l’unità abitativa dispone già di un impianto. Nella prima ipotesi, per un investimento effettuato nel 2016, i “soli” pannelli da 3 kW (costo 7mila euro) – calcolando il taglio ai consumi, il meccanismo di scambio sul posto e la detrazione fiscale (si veda l’articolo a lato) – potrebbero rientrare in circa 12 anni: dopo i quali, in sostanza, la famiglia comincerebbe a guadagnare dal sistema. Per un impianto composto da fotovoltaico e batterie i tempi si allungherebbero ancora, rispettivamente a 15 e 16 anni, in base alla taglia di storage prevista (4 o 6 kWh, con costi medi di 3.500 o 5mila euro). La tecnologia presa in esame è quella a ioni di litio, più cara di circa il 30% rispetto al piombo-acido, ma meno ingombrante e soprattutto con una maggiore capacità di carica e una vita utile più lunga. Gli accumuli al litio, impiegati tra l’altro da Tesla e Nissan, in termini di resa e prezzo relativo costituiscono oggi la soluzione più affidabile e interessante.

Nel calcolo della convenienza è comunque incluso il rimpiazzo dello storage all’undicesimo anno (fine vita). E anche l’effetto della riforma della struttura tariffaria, che sarà applicata a pieno dal 2018. «Dalle proiezioni risulta che se lo stesso nucleo familiare effettuasse l’investimento proprio nel 2018, considerando anche l’effetto di calo del prezzo dell’energia, per il “solo” fotovoltaico la fase di guadagno si sposterebbe oltre i 16 anni – osserva Davide Chiaroni, vicedirettore Energy Strategy Group – mentre il sistema con accumulo praticamente non vedrebbe pay-back, nel senso che i tempi di rientro dell’investimento supererebbero i 21 anni, avvicinandosi a quelli della vita utile dell’intero impianto».

Il consumo medio giornaliero della famiglia è di circa 11 kWh, il 30% del quale viene coperto normalmente in autoconsumo dal fotovoltaico. In virtù del tipo di batteria (da 4 o 6 kWh), questo valore può raggiungere il 60-70 o 80-90 per cento. Ma proprio nell’autoconsumo, che è il principale obiettivo di chi decide di installare i pannelli sul tetto e che dovrebbe essere sinonimo di risparmio (non soltanto puramente energetico, ma economico), sta il nodo che in prospettiva rischia di strozzare i progetti di tornaconto. «La nuova tariffa elettrica comporta il superamento dell’attuale struttura progressiva rispetto ai consumi, premiando gli utenti residenziali che usano più energia elettrica e che, senza far nulla, assisteranno in pratica a un risparmio in bolletta. Dunque nel caso del fotovoltaico, e in modo palese quando si aggiunge lo storage, è vero che aumenta l’autoconsumo energetico – spiega Chiaroni – ma al contempo se ne riduce il beneficio in termini economici. In un incrocio nel quale perde anche d’incidenza il fatto di trovarsi o meno in una determinata zona climatica».

Secondo il recente Rapporto statistico del Gse, il fotovoltaico (con 18.892 MW complessivi a fine 2015) ha visto l’anno scorso nuove installazioni per 298 MW, pari a circa 40mila impianti, quasi tutti aderenti allo scambio sul posto. Il calo è del 23% rispetto al 2014, e si inserisce in un trend di discesa che ha riportato i livelli delle nuove installazioni a quelli del 2008. Con la fine degli incentivi (la chiusura dell’ultimo Conto energia nel 2013) si è spento l’entusiasmo che animava il settore, mentre il peso “relativo” delle taglie residenziali e commerciali è cresciuto a discapito dei grandi impianti anche perché si sono ridotti i numeri assoluti.

Restano altre forme di agevolazione, come i bonus fiscali, ma – diminuita la convenienza – si auspica ora che nuovi aiuti, anche a livello regionale, sostengano la diffusione del fotovoltaico “e dintorni”. «Il cambio di tariffa fissa l’asticella per i produttori di batterie: se fanno calare i costi del 30-35%, restano in gioco. Le previsioni di riduzione parlano di un -50% al 2020, ma bisognerà misurare sul campo – dice Chiaroni –. Come emerge dai nostri calcoli, chi già dispone dei pannelli e vuole aggiungere lo storage trova oggi in Italia una certa “barriera” alla redditività».

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