Urbanistica

Real estate, Sgr a caccia di nuovi spazi d’azione sugli investimenti

Innovazione e cambiamento. Se questo è il fil rouge del Forum di Scenari immobiliari che si apre domani a Santa Margherita, quali sono i filoni di innovazione per le Sgr italiane?

«Se la domanda è se ci sia bisogno di innovare nel settore delle Sgr, la risposta è sì, ma senza stravolgere i fondamentali. Il rischio è che troppa innovazione a livello normativo e troppi nuovi strumenti portino più confusione che vantaggi - spiega al Sole24 Ore Emanuele Caniggia, alla guida di Idea Fimit Sgr, la maggiore realtà del settore -. Si sono viste le Sicav, poi le Siiq, per fare un esempio, nate come alternative ai fondi, in realtà sono tutti strumenti complementari. Questo per dire che non bisogna cercare tanto l’innovazione nello strumento, ma l’innovazione di prodotto».

«Direi che il mondo delle Sgr italiane ha già innovato - aggiunge Mario Breglia, presidente di Scenari Immobiliari - e, anzi, l’innovazione c’è stata proprio attraverso il fondo immobiliare, strumento con qualche difetto ma alla fine molto flessibile e che è andato finanziando un po’ di tutto. Dai primi fondi per uffici siamo arrivati a quelli per il social housing, per gli ospedali e fino a quelli per l’energia solare o a quello appena annunciato per gli stadi».

Fondamentalmente però secondo Caniggia «bisogna cercare di fare combaciare l’investimento nel real estate con i bisogni reali e la ripartenza economica del Paese». Se non creiamo le condizioni per generare risparmio, è difficile che poi avremo capitali da investire. «I fondi immobiliari retail, insomma, non hanno funzionato a dovere e sono rimasti ai margini degli investimenti dei privati, ma questo - dice Caniggia - perché lo strumento in sé non ha tutte le caratteristiche per convincere: il fatto stesso di essere uno strumento a termine è limitativo e quindi o meglio le Siiq o aggiungere dei fondi aperti, stando attenti a ciò che negli altri Paesi non ha funzionato». Già questa dovrebbe essere una prima strada per l’innovazione.

La seconda ha a che vedere su dove deve dirigersi l’investimento: la domanda è quali siano le esigenze primarie che il settore del real estate deve andare a colmare. Un discorso che porta lontano, ma che può riassumersi nella risposta alla domanda su dove l’immobile possa essere cruciale per rilanciare la crescita economica. «Per esempio il tema delle sofferenze bancarie va affrontato con il sottostante immobiliare, ma in modo diverso da come si fa adesso - continua - . Non c’è solo il problema della sofferenza in quanto tale, ma c’è anche il sottostante che va rivalorizzato per tornare sul mercato. Perché se ci fosse mercato per l’immobile il cui finanziamento è in sofferenza, in realtà non ci sarebbe la sofferenza. Molto dell’immobiliare che è stato finanziato, oggi non ha mercato. Qui entra in gioco l’innovazione nel real estate gestito, per innescare un processo lavorativo sull’immobile.

Oggi si compra solo la sofferenza a sconto e si cerca di rivendere l’immobile così com’è, cercando di guadagnare sulla differenza tra prezzo pagato e ricavo sul mercato». Idea Fimit ha varato un nuovo fondo sugli Npl (non performing loan) all’inizio di quest’anno che è già un modo innovativo di coprire tutta la filiera. Si tratta di un fondo gestito da una Sgr immobiliare che compra le “notes” dei veicoli ed entra a monte del debito, ma lo stesso veicolo può comprare direttamente il credito dagli istituti e anche direttamente gli immobili, quindi con un unico veicolo si comprano i tre aspetti cercando di massimizzare il processo di valorizzazione del sottostante.

Non è più solo un discorso di strumenti finanziari e di sconti, in quanto il fondo compra le “notes” solo se vede che gli immobili sottostanti sono interessanti nel senso di poterli valorizzare e ricollocare sul mercato con un valore aggiunto e cambiandogli la destinazione d’uso. «È chiaro che bisogna fare uno sforzo di fantasia nell’individuare i settori in cui agire perché se si continua a fare operazioni sugli uffici, con lo sfitto che c’è oggi in Italia, non si va molto lontano. E soprattutto non è così che si può risolvere il problema di 80 miliardi di sofferenze bancarie». Così i temi prioritari possono essere individuati in quello degli anziani, che secondo Caniggia verrà sempre più alla luce e richiede immobili con caratteristiche particolari, provenienti dalla riqualificazione di ciò che oggi al mercato non serve o non piace più.

L’altro settore è quello dei giovani, che devono essere messi nelle condizioni di portare il proprio apporto al settore che ha sostenuto l’Italia in tutti questi anni, ossia le piccole imprese e le imprese creative, dandogli spazi e strutture. Poi ci sono le città da riorganizzare, mettendo mano ai problemi sociali, urbanistici, logistici e per le quali bisogna iniziare a guardare a progetti futuribili. «Progetti che probabilmente non si realizzeranno domani - dice Caniggia -, ma che rappresentano un percorso innovativo. Strutture come la nostra, con otto miliardi di consolidato di asset core, core plus o value added, devono iniziare a guardare a un obiettivo di più lungo termine e di respiro più ampio e sarebbe bello se anche gli investitori italiani guardassero a questo, piuttosto che andare all’estero come se fosse il Paese di Bengodi».

«In ogni caso questo è di nuovo un momento molto interessante per i fondi italiani - aggiunge Breglia -, che hanno la possibilità di esplorare nuove frontiere di investimento, eventualmente specializzandosi anche in nicchie specifiche. Naturalmente prendendo come dato di fatto che il mercato italiano è quello che è, con tutte le limitazioni, anche dimensionali, rispetto ai principali concorrenti esteri».

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