Urbanistica

Housing sociale, con la seconda fase di investimenti Cdp punta a recuperi «smart»

Un’offerta sempre più orientata all’affitto, focalizzata sui cambiamenti sociologici della generazione Y (per intenderci quella dei Millenials), e una forte integrazione con la tecnologia sono i connotati dell’housing sociale di ultima definizione.

Il quadro del settore - che offre case a prezzi calmierati, in affitto o in vendita, a chi non riesce ad accedere al mercato privato - registra oggi 131 progetti complessivi, che prevedono circa 9mila appartamenti, tutti già inseriti nei fondi operativi e in via di sviluppo. Altri 110 progetti devono partire, e portano l’obiettivo complessivo a circa 20mila appartamenti, il target del Fia, il fondo investimenti per l’abitare di Cdp. Protagonista del settore è stata, infatti, proprio Cassa depositi e prestiti. Grazie al suo apporto, anche consistente (fino all’80%) sono partite molte iniziative.

«Siamo soddisfatti di quanto fatto - spiega Marco Sangiorgio, direttore generale di Cdp Investimenti Sgr -. Il programma ha confermato l’interesse del mercato. Siamo partiti con una logica che era legata all’affitto e alla vendita, ma nel tempo abbiamo incrementato la componente locazioni, la più richiesta». E a chi ha sempre ritenuto i rendimenti dell’investimento contenuti per un operatore privato (nell’ordine del 2,5-3% più l’inflazione), Sangiorgio risponde: «Oggi che i tassi sono scesi i rendimenti sono interessanti, ed è importante perché questo prescinde dalla nostra presenza. Così si potrà creare, come in altri Paesi, l’asset class social housing per gli operatori». Il Fia ha chiuso il primo periodo di investimento il 31 dicembre 2015, ora si apre un nuovo capitolo. «Non possiamo più individuare nuove piattaforme dove investire, possiamo aumentare la posizione nei fondi esistenti e abbiamo due anni per completare gli investimenti - dice Sangiorgio -. Ma intendiamo proseguire l’esperienza, su basi diverse da quelle del Fia, strumento nato su un impulso formale della Pubblica amministrazione. La fase due sarà un’evoluzione della prima. Ci impegneremo con co-investitori, che stiamo individuando, passando a concetto inquadrato in una cornice più ampia, quella dello smart housing. Con una priorità: il recupero degli immobili pubblici». Tema che richiede una accelerazione, anche da parte del Demanio.

«Ci sono 32 fondi locali nei quali il Fia ha deliberato l’investimento - spiega Fabio Carlozzo, managing director di Investire Sgr -, di questi ne sono stati sottoscritti e sono partiti effettivamente 25 fondi, 11 gestiti da noi». Il totale degli investimenti si aggira intorno ai 3,8 miliardi di euro (2,2 arrivati dal Fia - nel quale peraltro sono presenti assicurazioni ed eneti previdenziali tra gli altri -, il restante da investitori).

Molti i progetti noti come quello di Figino borgo sostenibile a Milano con i suoi 320 appartamenti o la riqualificazione di 45 immobili del Policlinico, sempre a Milano, di cui 25 riconvertiti a social housing a lungo termine. O ancora il progetto Abita giovani con i suoi 200 appartamenti vuoti acquisiti dall’Aler di Milano. Molti già abitati, gli ultimi 40 ancora da completare. E ancora le sette torri di Cascina merlata vicino all’area Expo. «Ma le iniziative si moltiplicano sul territorio, con dimensioni inferiori» dice Giordana Ferri, direttore esecutivo di Fondazione housing sociale.

La fisionomia dei progetti intanto cambia. «Il patto di futura vendita per esempio funziona a Milano, meno fuori - dice Carlozzo -. A Parma per esempio non ha funzionato. Il trend quindi vede un’incidenza sempre più forte della locazione. Le nuove generazioni puntano alla condivisione e all’affitto perché sempre in movimento e inclini all’economia dello sharing».

Cambia anche il concept dei vari insediamenti, sempre più orientati al recupero dell’esistente. Non solo alcuni spazi vengono destinati al commercio a tariffe “low cost”, ma aumentano i mq dedicati ai servizi in comune, dal cinema al locale per le feste - a Milano alcuni complessi ospitano i concerti di Piano city - mentre si riducono gli appartamenti. E sul recupero Carlozzo aggiunge: «è la tendenza dominante. Ed è stata la nostra scelta a Torino a Porta Palazzo, a Milano in via Padova e così via».

Trattandosi di fondi a 20/30 anni non c'è la controprova che tutto funzioni. «Noi abbiamo chiuso due operazioni, con rendimenti del 5-6%, sono piccoli esempi ma importanti» dice ancora Carlozzo. Risultati ottenuti grazie a un lavoro di contenimento dei costi. Perché per il futuro è proprio il nodo rendimento da sciogliere per attirare investitori, una volta che Cdp non farà più da driver.

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