Urbanistica

Mercato immobiliare, acquistare un box auto torna un buon investimento

Avete tra i 20 e 30mila euro da investire? Il box auto potrebbe essere una buona scelta. A patto, però, di trovarlo nella zona giusta e a prezzi adeguati ai nuovi livelli di mercato. Senza cedere a facili entusiasmi, gli operatori confermano come il mercato dei garage sia in decisa ripresa, a causa soprattutto dell’appetibilità dei rendimenti.

I box hanno subìto uno stop della domanda ancora più marcato rispetto a quello delle abitazioni. Si calcola che dal 2007 i prezzi siano scesi di almeno il 30-35%, con una contrazione di qualche punto percentuale proseguita ancora per tutto il 2015. A livello di interesse, secondo Tecnocasa, una dinamica positiva era invece già partita l’anno scorso quando quasi il 60% di chi aveva acquistato il box lo aveva fatto con finalità di investimento. «Dall'inizio del 2016 notiamo una domanda sempre crescente», conferma Guido Lodigiani, responsabile dell’ufficio studi di Immobiliare.it, così che anche i prezzi nel corso del 2016 potrebbero ritrovare il segno positivo. A che cosa di deve questa rinascita? «Il box è un investimento abbastanza liquido, che si riesce ad affittare e rivendere con meno problemi di una casa. E soprattutto, permette di investire a una platea molto più ampia di persone rispetto alle abitazioni, che saranno anche deprezzate rispetto a dieci anni fa, ma richiedono pur sempre un impegno sostanzioso e hanno bisogno di più manutenzione e riservano spese di condominio ben più alte».

Il rendimento medio lordo nelle città italiane è compreso fra il 5,3% e il 6,4%, ma con punte che arrivano al 7-10%. Si tratta di una resa superiore al residenziale – che, secondo Lodigiani, oggi non offre più del 2-3% – ma anche migliore dei principali strumenti finanziari a rischio zero (o quasi), come i conti deposito. Certo, le cose cambiano quando dal lordo si passa a calcolare il rendimento netto. Il peso di spese e imposte finisce in media per dimezzarlo, e portarlo fra il 2,5% e il 3%, ma è una riduzione fisiologica anche negli investimenti immobiliari in abitazioni. Su cosa puntare? «Meglio concentrarsi su quartieri in cui ci sia poca disponibilità di parcheggio e una bassa presenza di box rispetto alle abitazioni – suggerisce Fabiana Megliola responsabile dell’ufficio studi del gruppo Tecnocasa –. Da valutare anche le zone ad alta presenza di uffici, soprattutto se non ben collegate con i mezzi pubblici».

Guardando al dettaglio delle principali città emergono dati interessanti. I rendimenti migliori si spuntano nelle zone di periferia, dove si riesce ad acquistare a buon mercato e affittare a canoni non troppo distanti da quelli del centro. Ecco perché, ad esempio, secondo Immobiliare.it i quartieri esterni di centri come Bari e Verona promettono una resa superiore a quelli di Milano e Roma. A livello di prezzo, invece, più che il “blasone” della città è la scarsità dell’offerta a determinare i valori più alti, che si trovano quasi sempre nei centri storici. Roma è in testa e in alcune zone, come Campo dei Fiori (dati Tecnocasa), si incontrano annunci di vendita anche sui 100mila euro. Napoli e Firenze, invece, battono Milano. La media in pieno centro è sui 45-50mila euro, ma ci sono box in vendita al Vomero a 65mila euro e nel capoluogo toscano, attorno a Santa Croce, anche a 70mila. Mentre la particolarità di Genova – «tipica delle città di mare» secondo Lodigiani – è che molte zone esterne costino più di quelle interne alla città. È il caso ad esempio di Voltri o di Quinto, dove si rintracciano prezzi superiori ai 45mila euro. «La fascia su cui concentrarsi, comunque, è quella compresa fra i 20 e i 30mila euro. In questo range si ottiene il risultato migliore come rapporto spesa-rendimento – osserva Lodigiani –. E va sempre considerato che una cosa è la domanda iniziale del proprietario, un’altra il prezzo finale, scontato anche del 15-20 per cento».

Ma a quanto ammontano tasse e imposte che gravano su un box acquistato a scopo di investimento? È molto difficile che si tratti di un bene pertinenziale rispetto alla propria abitazione, a meno che non si abbia la fortuna di trovare un box in vendita nello stesso condominio. Dunque, è raro godere dei benefici sulla prima casa. E questo fa sì che l’imposta di registro si paghi sul prezzo di vendita, e non sul valore catastale. In linea generale, se l’affare si conclude tra privati, l’acquirente paga il 9% di imposta di registro più 50 euro fisse di imposta ipotecaria e catastale. Se invece, sempre agendo da privato, si acquista da un’impresa, occorre applicare l’aliquota Iva del 10% (sempre sul corrispettivo) e pagare le imposte di registro, ipotecaria e catastale pari a 200 euro ciascuna. Se sono trascorsi più di cinque anni dal termine della costruzione dello stabile, l’impresa può rinunciare all’opzione Iva (in questo caso si applicano le stesse regole dell'acquisto tra privati).

Per quanto riguarda la tassazione dell’affitto, per rispettare la legge «l’unica strada possibile è il contratto cosiddetto 6+6 applicabile agli immobili non abitativi, come da legge 391/1978», spiega Cristina Odorizzi, commercialista e revisore contabile. E sui proventi dell’affitto, non si può applicare la “cedolare secca”, quel particolare regime riservato alle abitazioni che permette di assoggettare il ricavato dei canoni a un’aliquota fissa del 21% in caso di “canone libero”.

Proviamo a fare un’ipotesi concreta, immaginando l’acquisto tra privati di un box nella periferia di Milano. Supponiamo sia un garage da 14 metri quadrati acquistato per 25mila euro. Avremo un’imposta di registro (9%) pari a 2.250 euro, più 100 euro di ipotecaria e catastale. Quindi l’investimento iniziale sale a 27.350 euro. Ipotizziamo ora che l’immobile venga affittato a 120 euro al mese, con un ricavo annuo di 1.440 euro. Se ci si fermasse qui, come fanno quasi sempre le statistiche, il rendimento al lordo sarebbe del 5,2% (1.440/27.350=0,052). Però occorre sottrarre i costi. Le spese annue di condominio si possono ipotizzare sui 150 euro. Poi ci sono Imu e Tasi da applicare, che si pagano entrambe visto che non si tratta di pertinenza alla prima casa. In base alle aliquote 2015 del Comune di Milano (10,6 per mille di Imu e 0,80 per mille di Tasi) si arriva a un totale di 181,94 euro per entrambe.

Occorre infine calcolare le tasse sui redditi. La base imponibile (1.440 euro) si calcola al 95%, quindi diventa 1.368 euro. Ipotizzando il secondo scaglione Irpef, quello con aliquota al 27%, si ottengono 369,36 euro. Cui occorre ancora aggiungere l’imposta annuale di registro, fissata al 2%, ma che si divide a metà tra locatore e conduttore, e che diventa quindi 14,40 euro. Insomma, dal ricavato di 1.440 euro vanno sottratte tasse e spese per 715,7 euro totali. Ci restano in tasca 724,3 euro, che rispetto all’investimento iniziale danno un rendimento netto del 2,64% (si scende invece al 2% con l’aliquota al 38%). Oltre a questo, infine, va considerata la rivalutazione (o svalutazione) del bene negli anni. O, al contrario, l’eventuale morosità del locatario e aumenti di tassazione. Fattori difficilmente quantificabili.

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©