Urbanistica

Edilizia popolare, in quasi venti anni svenduti 190mila alloggi

di Massimo Frontera

Nonostante il patrimonio di edilizia pubblica sia cronicamente inferiore al fabbisogno - con 646.445 famiglie in attesa di un alloggio popolare - le Regioni hanno continuato ad approvare piani di alienazione. In questo modo in quasi 20 anni sono usciti dalla disponibilità pubblica 190mila case in affitto. Dall'altra parte, le Regioni hanno anche avviato programmi edilizi per realizzare o acquistare nuovi alloggi oppure recuperare quelli inagibili; ma il saldo è rimasto fortemente negativo, con una perdita di 56mila unità. Il patrimonio complessivo si attesta oggi a 856mila alloggi.

Sono alcuni dei numeri-simbolo della condizione dell'edilizia popolare in Italia, che si trova nello studio di Nomisma realizzato per Federcasa e presentato nei giorni scorsi a Roma e a Bologna. I gestori hanno preferito seguire la strada in discesa delle vendite agli inquilini che occupavano l'alloggio invece di affrontare il difficile tema della rotazione del patrimonio, cercando soluzioni che consentissero la "migrazione" di tutti gli inquilini che progressivamente uscivano dai requisiti di legge per la permanenza in un alloggio popolare. La vendite sono state di fatto delle svendite, con cessioni a prezzi medi di 39mila euro circa (dato 2011, ultimo disponibile) alleviati dal taglio dei costi gestionali a carico delle Aziende casa.

Il prezzo di cessione di 39.144 euro per alloggio popolare è la media che risulta tra i 22.171 euro nelle città del Centro, i 23.840 euro pagati nelle città del Sud e i 66.149 euro delle città del Nord. «Calcolando un valore medio di mercato per un alloggio di circa 75 mq, in area periferica e in cattivo stato di manutenzione pari a 70-80mila euro, la perdita per il settore pubblico nel solo periodo 2001-2011 è stimabile in 6,5 miliardi di euro, con i quali si sarebbero potuti costruire circa 75mila alloggi in più, senza pesare sul bilancio dello Stato e delle Regioni», si legge nello studio.

La redditività è inoltre frustrata dai limiti strutturali di un inquilinato non abbiente e sempre più moroso. Il canone medio mensile è di 105 euro (1.262 euro l'anno), con oscillazioni tra i 64 euro al mese nelle città del Sud, i 109 euro del Centro e i 122 euro del Nord. Il canone annuo pagato per una casa popolare va di 769 euro al Sud, ai 1.313 euro al Centro mentre gli inquilini del nord pagano 1.462 euro all'anno.
Una parte di queste entrate se ne va in tasse. Una parte molto elevata, secondo Nomisma:
«l'incidenza del totale delle imposte sulle entrate da canoni di locazione, che rappresentano la principale entrata delle aziende, è passata dal 25 al 52%», afferma il rapporto.
Un altro capitolo dolente è appunto quello della morosità degli inquilini. In media, uno su cinque non paga l'affitto. Il tasso medio di morosità è infatti del 20,6%, con le solite forti differenze geografiche tra il Mezzogiorno con il 40%, il 15,6% del Centro il Nord con 13,8% del Nord.

Questa la fotografia ricostruita da Nomisma. Una fotografia comunque già vecchia, visto che i numeri sono aggiornati al 2011. In altre parole, gli ultimi cinque anni di gestione sono ancora un buco nero.

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