Urbanistica

Edilizia privata/2. Legittimo lo sgombero dell'alloggio non in linea con le norme igienico-sanitarie

di Donato Palombella

Legittima l'ordinanza con cui il Sindaco dichiara inagibili degli immobili che non rispettano i requisiti igienico-sanitari e ne ordina lo sgombero. La quinta sezione del Consiglio di Stato, con la sentenza del 12 febbraio 2016 n. 617, conferma il parere del TAR capitolino e respinge l'appello: vietati gli appartamenti troppo piccoli, con altezza utile ridotta e privi di affacci.

Legittima la dichiarazione di inagibilità
Il Consiglio di Stato, nel confermare la competenza del Sindaco ad ordinare lo sgombero degli appartamenti inabitabili, chiarisce che l'avvenuto rilascio del certificato di abitabilità non impedisce che l'immobile venga successivamente dichiarato inagibile. A venire in gioco è l'articolo 26 del d.P.R. 380/2001; la norma prevede “il rilascio del certificato di agibilità non impedisce l'esercizio del potere di dichiarazione di inagibilità di un edificio o di parte di esso ai sensi dell'articolo 222 del regio decreto 27 luglio 1934, n. 1265.” Il Regio Decreto del 1934, comunemente conosciuto come “Testo unico delle leggi sanitarie” riconosce al Sindaco il potere di dichiarare inabitabile ed ordinare lo sgombero di una casa, o parte di essa, per ragioni igienico-sanitarie.

Le origini del provvedimento
Il fattaccio trae origine da una ordinanza sindacale recante la dichiarazione di inabitabilità di alcuni alloggi realizzati nell'immediata periferia della Capitale; l'ordinanza prevede anche lo sgombero degli occupanti ed il divieto di adibire gli immobili ad uso abitativo. Il provvedimento si fonda sulla inadeguatezza degli immobili a soddisfare esigenze abitative a causa dell'altezza interna inferiore a quella minima imposta dalla legge, una superficie finestrata apribile e dimensioni degli appartamenti inferiori ai minimi. Ad essere violate, quindi, sarebbero le norme in materia igienico-sanitaria. L'ordinanza viene prontamente impugnata ma il TAR prima respinge la richiesta di sospensione del provvedimento, poi rigetta il ricorso ritenendo non percorribile la soluzione proposta consistente nella “fusione” di 26 unità immobiliari in modo da realizzare 13 appartamenti rientranti nelle dimensioni minime previste. Il parere del TAR viene ovviamente impugnato ma il Consiglio di Stato conferma il verdetto.

La competenza del Sindaco
Primo problema sollevato dalla proprietà: il Sindaco non sarebbe competete a dichiarare la inagibilità degli immobili. La competenza spetterebbe, invece, al dirigente che avrebbe dovuto revocare il certificato di agibilità concesso ex art. 24, comma 2, d.P.R. n.380/2001.
In proposito il Comune rileva che, nel caso in esame, l'amministrazione ha voluto tutelare la pubblica incolumità; ribadisce, quindi, la competenza del Primo Cittadino ex art. 222 T.U.L.S., art. 50, comma 5, e 54, comma 4, d.lgs. 267/2000.

Possibile la “inagibilità” dell'immobile
Il Consiglio di Stato, nel confermare la competenza del Sindaco, chiarisce che l'avvenuto rilascio del certificato di abitabilità non impedisce che l'immobile vanga successivamente dichiarato inagibile. A venire in gioco è l'articolo 26 del d.P.R. 380/2001; la norma prescrive che “il rilascio del certificato di agibilità non impedisce l'esercizio del potere di dichiarazione di inagibilità di un edificio o di parte di esso ai sensi dell'articolo 222 del regio decreto 27 luglio 1934, n. 1265.” Il Regio Decreto del 1934, comunemente conosciuto come “Testo unico delle leggi sanitarie” riconosce al Sindaco il potere di dichiarare inabitabile una casa o parte di essa per ragioni igienico-sanitarie e può ordinarne lo sgombero.

Non si tratta di un caso isolato
In un caso analogo il TAR del Molise (Sez. I, 28 febbraio 2014, n. 134), aveva stabilito che il certificato di agibilità non pregiudica, né condiziona il potere comunale di dichiarar la inagibilità di un edificio, ai sensi dell'art. 222 del R.D. 27 luglio 1934 n. 1265, quando siano stati tecnicamente riscontrati problemi di sicurezza o di igienicità (conforme anche il Tar Campania, Salerno, Sez. I, 7 gennaio 2013, n. 21). Il TAR Molise, peraltro, aveva sottolineato che appare inappropriato l'ordine di sgombero allorché diffida “a non utilizzare l'immobile … privo del regolare certificato di agibilità”, senza che vi sia stato un concreto accertamento tecnico sulla sicurezza o sulla igienicità dell'edificio. In altri termini, l'inagibilità può essere dichiarata ma occorre riscontrare, concretamente, la mancanza dei requisiti igienico-sanitari.

La presenza di minori “congela” lo sgombero?
Nel caso in esame l'ordinanza di sgombero non aveva trovato immediata attuazione in quanto gli immobili ospitavano famiglie con minori ed il loro allontanamento viene ritenuto possibile solo previa individuazione di alloggi alternativi.
In un caso simile il Consiglio di Stato (ordinanza del 5 novembre 2015, n. 5018) aveva preso posizione contro l'occupante abusivo di un alloggio popolare. Il giudice amministrativo aveva respinto l'appello presentato da una madre separata con due figlie minori che aveva occupato abusivamente un alloggio di edilizia popolare. La donna aveva chiesto di poter continuare a vivere nell'appartamento, occupato abusivamente solo per sopperire ad una situazione di emergenza e per tutelare l'interesse dei minori. Secondo il Consiglio di Stato mancava “il pericolo nelle more di pregiudizio grave irreparabile” giacché questo deriverebbe “dalla perdita di un alloggio incontestabilmente occupato in modo abusivo e cioè da una situazione di illiceità creata dalla stessa parte appellante”.

La sentenza del Consiglio di Stato n.617 depositata il 12 febbraio 2016

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