Urbanistica

Real estate turistico: l'anno scorso investiti 22,8 miliardi nel settore alberghiero europeo

L’operazione più eclatante è il takeover della compagnia alberghiera Marriott sulla rivale Starwood: annunciata la scorso novembre, dà vita al maggior gruppo mondiale dell’hotellerie. Il takeover ha un valore di 10,86 miliardi di euro e, tra l’altro, dà a Marriott il controllo di 173 hotel aggiuntivi in Europa, tra cui quelli dei brand di lusso Sheraton e Westin. La nuova realtà consta così di 1,1 milioni di camere in oltre 5.500 hotel in più di cento Paesi, riunendo - con le conseguenti economie di scala - una trentina di brand diversi. Marriott ha messo agli angoli competitor come Hyatt Hotels Corporation, InterCcontinental Hotels Group e alcuni investitori cinesi, sorprendendo anche il mercato azionario.

Un’operazione, questa, che testimonia il sempre maggior interesse per il settore dell’ospitalità, che nel 2015 ha segnato record da primato e che nel 2016 continuerà a portare movimento nel real estate turistico. Ma anche la sempre maggiore necessità, per le grandi catene, di essere realmente competitive in un settore agguerrito, dove la comparsa di business alternativi come Airbnb costituisce, di fatto, una sfida non da poco. E le maggiori compagnie, pensando a nuove aperture, si stanno concentrando, su mercati come le Americhe (comprendendo Stati Uniti e America Latina) e sulla sempreverde Londra.

Il mercato alberghiero europeo ha surclassato nel 2015 le più rosee previsioni di crescita, con un totale di 22,8 miliardi di investimenti, 2,28 in più di quanto previsto, secondo Cbre Hotels. Una cifra che equivale a un incremento del 79% rispetto all’anno precedente. Secondo Cbre, il settore dell’hotellerie va via via aumentando il proprio peso nell’asset allocation dei portafogli dei grandi investitori, con una focalizzazione particolare per i mercati “classici”, per quanto riguarda l’Europa. Così in cima alle preferenze c’è sempre il Regno Unito in cui sono affluiti nel 2015 9,3 miliardi di euro di investimenti (+134% su base annua), la Germania con 4,4 miliardi (+47%) e la Francia con due miliardi (+96%). A credere maggiormente nel settore dell’hotellerie sono gli investitori e le catene americane, che si espandono sia in America sia in Europa: di fatto, nel Vecchio Continente hanno rappresentato la maggior fonte di investimento nell’hotellerie, con una spesa di 69 miliardi di euro e con un forte aumento del peso dei gruppi di private equity, che rappresentano ormai il 35% della tipologia di investitori Usa. E il 2016? La domanda di investimento nel settore è elevata, ma a scarseggiare è l’offerta. Così che gli investitori stanno diversificando in mercati extra europei, come quelli americani, che sono comunque in forte crescita e offrono ancora rendimenti più alti di quelli europei.

In un mondo sempre più globale ha poco senso limitarsi a esaminare gli andamenti europei, seppur più vicini alla nostra realtà. Tanto più che i grandi sviluppi, le nuove aperture e le maggiori transazioni si sono ormai concentrate nelle Americhe, trend che continuerà nel 2016. Secondo l’”Hotel investment outlook 2016” di Jll Hotels and Hospitality group, a livello mondiale le transazioni nel settore hanno sorpreso gli stessi analisti per l’impeto mostrato, con 85 miliardi di dollari (76,3 miliardi di euro) di investimenti nel mondo e il più alto volume nelle “singole transazioni”, che hanno contabilizzato ben 47 miliardi di dollari. New York, per esempio, ha visto il più elevato livello di transazioni di sempre, dove l’operazione di Blackstone che ha comprato Strategic Hotels & Resorts rappresenta da sola il maggior deal alberghiero della Grande Mela degli ultimi otto anni. Sul totale degli investimenti 2015, le Americhe hanno un peso preponderante con 46,4 miliardi di dollari (41,6 miliardi di euro) sul totale di 85 miliardi, la zona Emea (Europa, Medio Oriente e Africa) segue con 29,2 miliardi, l’area Asia-Pacifico con 9,2 miliardi. Secondo Jll, però, il 2016 non potrà continuare a questo ritmo e, pur candidato a rappresentare il secondo anno di maggiori transazioni, è prevista una diminuzione globale del 17 per cento.

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