Urbanistica

Tar Campania: per «spostare» la cucina sul balcone serve il permesso di costruire

di Luana Giannuzzi

In assenza di permesso di costruire, la cucina e il ripostiglio realizzati sul balcone mediante la chiusura delle pareti laterali con struttura in materiale sintetico integrano una trasformazione urbanistica ed edilizia incidente sia sul prospetto e sulla sagoma del fabbricato sia in termini di volumetria e superficie, pertanto costituiscono abuso edilizio (Tar Campania, sezione 2, sentenza 12 gennaio 2016, n. 118).

Il caso
La comproprietaria di un immobile sito in un Comune campano ricorreva dinanzi al Tar per ottenere l'annullamento dell'ordinanza con la quale l'Amministrazione comunale le aveva ingiunto di demolire le opere abusive realizzate sul proprio balcone, consistenti in una piccola cucina esterna in muratura di circa 2 mq e un piccolo ripostiglio di circa 1.75x1.70 mq, entrambi realizzati mediante la chiusura delle pareti laterali con struttura in materiale sintetico. Si costituiva in giudizio il Comune per resistere al gravame, chiedendo il rigetto del ricorso.

La decisione
Nel caso di specie la ricorrente deduceva l'erronea qualificazione giuridica delle opere sanzionate, non avendo l'Amministrazione considerato l'esiguità della loro consistenza e le caratteristiche costruttive, tali da escludere i requisiti che comportano la sanzione della demolizione di cui all'articolo 31 del Dpr 380/2001, ossia il carattere di stabilità, di permanenza, nonché di idoneità delle stesse a determinare un incremento in termini volumetrici e di superficie utile.
Orbene, in ordine a tale deduzione, il Tribunale campano rigettava il ricorso sul presupposto che “le opere realizzate, per le caratteristiche costruttive e per la destinazione a un uso durevole, integrano una trasformazione urbanistica ed edilizia incidente sia sul prospetto e sulla sagoma del fabbricato sia in termini di volumetria e superficie, con ricadute dirette sul carico urbanistico. Ciò che rileva, dunque, non è tanto il carattere dimensionale di tali opere ovvero la tipologia dei materiali utilizzati bensì la loro natura, tale da richiedere, per le ragioni sopra esposte, il previo rilascio del permesso di costruire”.

Le motivazioni della sentenza
La sentenza è corretta e condivisibile nel dispositivo. Ai sensi del comma 1 dell'articolo 31 del Testo unico in materia di edilizia (Dpr 6 giugno 2001, n. 380), sono interventi eseguiti in totale difformità dal permesso di costruire quelli che comportano la realizzazione di un organismo edilizio integralmente diverso per caratteristiche tipologiche, planovolumetriche o di utilizzazione da quello oggetto del permesso stesso, ovvero l'esecuzione di volumi edilizi oltre i limiti indicati nel progetto e tali da costituire un organismo edilizio o parte di esso con specifica rilevanza e autonomamente utilizzabile e, di conseguenza, devono essere rimossi ovvero demoliti (articolo 31, comma 2).
Nella fattispecie in esame, la collocazione esterna della cucina e del ripostiglio, predisponendo l'ambiente a un utilizzo permanente, esclude la condizione di precarietà incidendo sul prospetto e sulla sagoma del fabbricato modificandone volumetria e superficie. Conseguentemente, l'ordinanza di demolizione è da ritenersi sorretta da adeguata e sufficiente motivazione posto che l'intervento effettuato, senza il titolo abilitativo, integra tutti gli estremi di un abuso edilizio.

LE ULTIME DECISIONI PUBBLICATE SU PROBLEMI ATTUALI

EDILIZIA E URBANISTICA

Il peso dell'Autorità nella demolizione e ricostruzione con ampliamento
Il potere dell'Autorità competente alla tutela del vincolo paesistico a esprimere il giudizio in ordine alla compatibilità di un intervento rispetto al vincolo medesimo è connotato da un'ampia discrezionalità tecnico-valutativa, poiché implica l'applicazione di cognizioni tecnico-scientifiche specialistiche proprie di settori disciplinari caratterizzati da ampi margini di opinabilità. Di conseguenza l'apprezzamento compiuto dall'Amministrazione preposta alla tutela paesaggistica è sindacabile, in sede giudiziale, esclusivamente sotto i profili della logicità, coerenza e completezza della valutazione, considerati anche per l'aspetto concernente la correttezza del criterio tecnico e del procedimento applicativo prescelto, ma fermo restando il limite della relatività delle valutazioni scientifiche, sicché, in sede di giurisdizione di legittimità, può essere censurata la sola valutazione che si ponga al di fuori dell'ambito di opinabilità, affinché il sindacato giudiziale non divenga sostitutivo di quello dell'Amministrazione attraverso la sovrapposizione di una valutazione alternativa, parimenti opinabile.
Tar Molise, Campobasso, sezione 1, sentenza 19 gennaio 2016, n. 21

Gli interessi in gioco nell'impugnazione del permesso di costruire
Nel caso di impugnazione di un diniego di permesso di costruire o di una ordinanza di demolizione non sono configurabili controinteressati nei confronti dei quali sia necessario instaurare un contradditorio, atteso che la qualifica di controinteressato va riconosciuta non già a chi abbia un interesse anche legittimo, a mantenere in vita il provvedimento impugnato (e tanto meno a che ne subisca conseguenze soltanto indirette o riflesse), ma solo a chi dal provvedimento stesso riceva un vantaggio diretto e immediato, ossia un positivo ampliamento della propria sfera giuridica. Tale indirizzo non può trovare eccezione nel caso in cui il terzo sia titolare di un diritto di proprietà sull'immobile confinante con quello interessato dall'attività di edificazione: la pretesa di tale soggetto volta a evitare trasformazioni del territorio da cui possano indirettamente derivare pregiudizi per le facoltà che costituiscono il contenuto del diritto dominicale, quando si relaziona con il potere autoritario dell'amministrazione preposta al governo del territorio, non riceve più la tutela assoluta e incondizionata tipica del diritto soggettivo di proprietà, ma beneficia di un diverso tipo di tutela, condizionata e relativa, essendo tale pretesa astrattamente sacrificabile in nome dell'esigenza di tutela dell'interesse pubblico alla cui cura è finalizzato il potere attribuito all'amministrazione; quindi, rispetto all'impugnazione del diniego di permesso di costruire in sanatoria e della conseguente ordinanza di demolizione, egli si configura come un terzo titolare di un interesse legittimo. In tale veste, non può essere considerato come controinteressato in senso tecnico. (Amb. Dir.).
Consiglio di Stato, sezione 6, sentenza 19 gennaio 2016, n. 168

La compatibilità necessaria tra Piano di lottizzazione e Prg
L'approvazione del Piano di lottizzazione non è atto dovuto, ancorché il Piano medesimo risulti conforme al Piano regolatore generale, essendo l'approvazione medesima sempre espressione di potere discrezionale dell'organo deputato a valutare l'opportunità di dare attuazione alle previsioni dello strumento urbanistico generale: ciò in quanto tra quest'ultimo e i suoi strumenti attuativi sussiste un rapporto di necessaria compatibilità, ma non di formale coincidenza.
Tar Lombardia, Brescia, sezione 1, sentenza 12 gennaio 2016, n. 23

APPALTI
La libera concorrenza nel contenuto del contratto
Il principio comunitario della libera concorrenza disciplinato dall'articolo 85 e ss. del Trattato CE trova applicazione in primo luogo nella fase della determinazione del contenuto del contratto oggetto di gara con particolare riferimento all'individuazione delle prestazioni richieste, con la conseguenza che in applicazione del principio medesimo deve essere evitata la predisposizione di prescrizione di gara gratuitamente selettive, discriminatorie e avulse da esigenze oggettivamente collegate alla concreta fornitura da prestare (cfr., in tal senso, Tar Sardegna, sezione 1, sentenza 8 settembre 2009, n. 1471). Ne discende che deve quindi essere ammesso in gara l'operatore economico che offra un prodotto che, seppur non rispondente ai requisiti di natura tecnica indicati dalla lex specialis, garantisce comunque la medesima prestazione e il medesimo risultato preteso dalla stazione appaltante (cfr., ex multis, Consiglio di Stato, sezione 3, 2273/2014, Tar Lazio, Roma, sezione 3, n. 11327/2014).
Tar Veneto, sezione 1, sentenza 20 gennaio 2016, n. 35

La razionalizzazione delle partecipazioni societarie per l'affidamento diretto
Integra indubbiamente uno sviamento di potere l'utilizzo dello strumento della razionalizzazione delle partecipazioni societarie ex articolo 1, comma 611 della legge 190/2014, per far cessare l'affidamento del servizio alla società (già partecipata) non più di gradimento e creare il presupposto fattuale per l'affidamento diretto, al nuovo gestore, nominativamente individuato. Si è utilizza in tal modo uno strumento normativamente previsto per raggiungere un obiettivo eccentrico rispetto alle finalità per le quali il potere è stato attribuito.
Tar Friuli Venezia Giulia, Trieste, sezione 1, sentenza 18 gennaio 2016, n. 17

La richiesta di subentro in corso di esecuzione del rapporto
A fronte della richiesta di subentro proposta nel corso dell'esecuzione del rapporto si pone una sequenza procedimentale pubblicistica, disciplinata dall'articolo 116 del Dlgs 163/2006, connotata da poteri valutativi di tipo discrezionale e autoritativi da parte della stazione appaltante, volti all'accertamento, in capo alla società cessionaria, dei necessari requisiti richiesti per lo svolgimento del servizio oggetto del contratto di appalto (cfr., in termini, Tar Lazio, sezione 1, sentenza 10 marzo 2011, n. 2187). Trattasi, dunque, di fase procedimentale che – pur intervenendo, da un punto di vista temporale, nella fase esecutiva del contratto – è caratterizzata dall'esercizio da parte della stazione appaltante di una potestà non dissimile da quella esplicata durante la procedura di gara, finalizzata alla verifica del possesso dei requisiti di capacità economico-finanziaria e tecnica richiesti dal bando. Ne discende che la posizione di diritto soggettivo connessa alla fase esecutiva del rapporto contrattuale, che esclude la giurisdizione del giudice amministrativo, è rinvenibile solo in capo all'originaria aggiudicataria, mentre con riguardo alla posizione della società cessionaria del ramo d'azienda è configurabile una posizione di interesse legittimo, che incardina la giurisdizione del giudice amministrativo (cfr. Tar Campania, sezione 1, sentenza 15 gennaio 2013, n. 311).
Tar Friuli Venezia Giulia, sezione 1, sentenza 18 gennaio 2016, n. 17

Il divieto di offerte in aumento
Il combinato disposto degli articoli 82, 83 del Dlgs 163/2006 e 283, comma 3 del Dpr 207/2010, conduce a ritenere che sia normativamente previsto il divieto di offerte in aumento anche in caso di applicazione del criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa e anche se si tratta di un'offerta economica da formulare a prezzi unitari, fermo restando che il prezzo unitario integra un elemento essenziale dell'offerta, soggetto a valutazione nel quadro del criterio prescelto dalla legge di gara.
Tar Campania, Salerno, sezione 1, sentenza 13 gennaio 2016, n. 7

I limiti e le opportunità delle gare con clausole di adesione
La gara con clausola di adesione è una forma di contrattazione ad aggregazione successiva, che presenta elementi di similitudine con la centrale di committenza (v. articolo 3, comma 34 del Dlgs 163/2006): attraverso la clausola di adesione viene realizzato un accordo quadro tra più soggetti (azienda capofila, altre aziende ospedaliere o sanitarie interessate, aggiudicatario), avente a oggetto un'opzione di incremento delle prestazioni in un determinato intervallo temporale, a prezzi unitari invariati. La mancanza di una precisa codificazione non impedisce di elaborare liberamente uno schema negoziale con queste caratteristiche, quando sia dimostrabile un collegamento con l'interesse pubblico. Le Regioni possono quindi indirizzare le strutture sanitarie verso lo svolgimento di gare aziendali aperte ad adesioni successive, perseguendo la finalità di contenere e rendere omogenei sul territorio i costi delle forniture e dei servizi. Poiché l'incremento delle prestazioni si colloca a valle dell'aggiudicazione, ed è eventuale, ossia esterno alla gara, devono essere fissate alcune limitazioni per tutelare i principi generali del diritto comunitario (trasparenza, non discriminazione, proporzionalità) e quelli del diritto interno (prestazioni definite o definibili, termine finale dell'opzione). Pertanto, l'adesione è giustificabile se comporta un risparmio rispetto alla proroga della gestione precedente, e se non è peggiorativa rispetto alle condizioni che verosimilmente si potrebbero ottenere sul mercato, desumibili da gare recenti con lo stesso oggetto nel medesimo settore.
Tar Lombardia, Brescia, sezione 1, sentenza 12 gennaio 2016, n. 34

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