Urbanistica

Beneficio prima casa: la famiglia è prioritaria rispetto ai singoli coniugi

di Massimo Frontera


«Il requisito della residenza va riferito alla famiglia, per cui, ove l'immobile acquistato venga adibito a residenza della famiglia, non rileva la diversa residenza del coniuge di chi ha acquistato in regime di comunione».

È con questo principio - contenuto nella sentenza 25892 della Quinta sezione (tributaria), depositata il 23 dicembre scorso - che la Corte di Cassazione ha accolto l'appello di un contribuente che si era visto respingere per ben due volte il ricorso dalle commissioni tributarie relativamente a una questione sull'agevolazione prima casa.

In estrema sintesi, la Corte stabilisce che l'entità costituita dalla famiglia assume un valore preminente rispetto ai singoli coniugi. Di conseguenza, ai fini fiscali, la residenza che conta non è tanto quella dei singoli coniugi quanto quella della famiglia.

Il caso riguarda la revoca del beneficio prima casa stabilita dalla commissione tributaria provinciale (di Pescara), e ribadita dalla commissione regionale, nei confronti di una coppia di coniugi in regime di comunione legale. Entrambi i ricorsi sono stati rigettati ritenendo che uno dei due contribuenti «non potesse usufruire del beneficio e ciò in quanto l'art. l, Nota II-bis, Parte Prima, Tariffa allegata al d.p.r. 26 aprile 1986, n. 131 che condizionava il riconoscimento dell'agevolazione al tempestivo trasferimento della residenza nel Comune dell'abitazione acquistata».

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I giudici della Cassazione hanno ribaltato il giudizio accogliendo il principale motivo del ricorso e cioè il fatto che la residenza del marito in comunione legale al momento dell'acquisto è sufficiente per riconoscere l'agevolazione in modo integrale non solo pro quota.

«La Corte - si legge in un passaggio della sentenza - ritiene di dar corso al più recente orientamento, secondo il quale il requisito della residenza va riferito alla famiglia, per cui, ove l'immobile acquistato venga adibito a residenza della famiglia, non rileva la diversa residenza del coniuge di chi ha acquistato in regime di comunione». «In particolare - prosegue la sentenza - occorre precisare che i coniugi non sono tenuti ad una comune residenza anagrafica, ma reciprocamente alla coabitazione (art.143 codice civile), quindi una interpretazione della legge tributaria conforme ai principi del diritto di famiglia induce a considerare che la coabitazione con il coniuge costituisce un elemento adeguato a soddisfare il requisito della residenza ai fini tributari, in quanto ciò che conta "non è tanto la residenza dei singoli coniugi, quanto quella della famiglia».

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