Urbanistica

Investimenti sul mattone, dal Fisco arrivano le prime tre buone notizie

di Gianni Trovati

Dopo anni pestilenziali, finalmente il fisco italiano comincia a offrire qualche buona notizia ai proprietari di casa e alle famiglie che vogliono investire sul mattone. Le buone notizie sono tre.

Due arrivano dalla legge di stabilità che è ora in discussione in Parlamento, e riguardano ovviamente l’addio delle tasse sull’abitazione principale e gli sconti per chi concede appartamenti in affitto a canone concordato; la terza invece, pur essendo nuova di zecca, nasce in realtà dallo sblocca-Italia approvato nel settembre 2014, perché quando si tratta di offrire qualche sconto il nostro fisco può impiegare anche 14 mesi a scrivere i decreti attuativi.

Quello finito in «Gazzetta Ufficiale» pochi giorni fa rende operativa una maxi-agevolazione per chi compra una casa, nuova o ristrutturata, con l’obiettivo di darla in affitto entro sei mesi dall’acquisto, o dal completamento dei lavori di costruzione se la casa è nuova. Lo sconto si traduce in una deduzione dal reddito, cioè in una riduzione dell’imponibile sul quale si calcolano l’Irpef e le addizionali locali. La deduzione può arrivare fino a 60mila euro, perché riguarda il 20% del prezzo d’acquisto entro un valore massimo di 300mila euro, e viene scontata dal reddito in otto anni.

L’agevolazione serve a rivitalizzare un po’ un mercato degli affitti che in questi anni è stato schiacciato dalle tasse, ma non è per tutti: vale per gli acquisti effettuati fra il 2014 e il 2017 e sopratutto l’immobile deve risultare “invenduto” al 12 novembre 2014. A quella data, cioè, la casa doveva essere costruita almeno parzialmente e soprattutto doveva essere già dotata di un titolo abitativo edilizio.

Per la generalità degli affitti a canone libero, invece, non c’è al momento alcuna novità di peso in arrivo per attenuare almeno in parte la radicale cura fiscale che in questi anni ha limato i rendimenti, fino ad azzerarla spesso quando la casa è lontana dalle zone migliori delle grandi città. L’unica consolazione per i proprietari nasce dal fatto che, almeno, nel 2016 non ci saranno ulteriori aumenti, perché la manovra impone ai Comuni di non ritoccare al rialzo le aliquote rispetto a quest’anno. Tutto il resto, però, rimarrà invariato, compreso il paradossale doppione che in oltre metà dei Comuni italiani impone ai proprietari di pagare sullo stesso immobile sia l’Imu sia la Tasi, con un meccanismo che oltre a gonfiare il conto finale moltiplica calcoli e burocrazia.

Per veder tramontare questa complicata architettura bisognerà attendere il 2017 quando, secondo i programmi del governo, Imu e Tasi dovrebbero fondersi nella local tax: questa “tassa unica”, in realtà, avrebbe già dovuto vedere la luce quest’anno, ma prima le difficoltà nel far quadrare i conti e poi l’urgenza politica di cancellare l’imposta sull’abitazione principale ne hanno rimandato il debutto. Il Governo ha promesso di lavorarci dall’inizio dell’anno prossimo, per arrivare in tempo ed evitare altri slittamenti, ma occorrerà ripartire da capo perché le ipotesi elaborate nei mesi scorsi sono state travolte dall’addio alla tassa sull’abitazione principale.

Proprio il ritorno dell’esenzione per la prima casa, con l’eccezione delle 73mila abitazioni giudicate “di lusso” dal nostro catasto privo di riforma, rappresenta allora il cuore della manovra, e fa risparmiare ai proprietari 3,5 miliardi di euro. Accanto a questa mossa, che nei mesi passati ha occupato integralmente il dibattito su fisco e immobili, il Senato ha aggiunto uno sconto del 25% sulle tasse locali per chi affitta a canone concordato.

Anche questo bonus è frutto di un compromesso, dovuto al fatto che le incognite sulle coperture non hanno permesso di confermare la versione originaria della norma, spinta da Confedilizia, che prevedeva di un tetto all’aliquota del 4 per mille.

Quell’ipotesi aveva anche il pregio di evitare ai proprietari che scelgono il canone concordato tutte le complicazioni dei calcoli, che invece sono necessari in modalità ordinaria per trovare l’imposta lorda da tagliare del 25 per cento. Insieme alla cedolare secca, cioè la tassa piatta che sostituisce l’Irpef su opzione del contribuente e che è ora scesa al 10%, questo sconto restituisce comunque condizioni di fattibilità agli affitti calmierati, che hanno subito più di ogni altra categoria le bastonate fiscali di questi anni

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