Urbanistica

Senza edilizia non c'è ripresa e lavoro: avanti con gli incentivi

di Giorgio Santilli

Non c'è ripresa se non riparte l'edilizia: le parole sono del premier Matteo Renzi che due mesi fa, nella sua "enews", spiegava bene anche come senza il rilancio dell'edilizia non ci potrà essere ripresa occupazionale. Sacrosanta verità, corroborata da uno studio del Cresme che evidenzia come il 96% della perdita di posti di lavoro della crisi italiana sia arrivata proprio dal settore delle costruzioni. il conto è presto fatto. Nel 2014 l'edilizia poteva contare su un milione e 794mila occupati che nel 2014 erano scesi a un milione 486mila. La perdita è di 308mila posti di lavoro, pari al 20,7% della manodopera (altri 161mila posti di lavoro si erano persi nel periodo 2008-2011). Questi 308mila posti di lavoro - dice il Cresme- vanno confrontati con i 321mila posti di lavoro persi nel periodo 2011-2014 dall'intera economia italiana. Ecco che viene fuori quel 96%: tutta la crisi occupazionale riguarda l'edilizia.
Se si vuole far ripartire l'occupazione, bisogna puntare su infrastrutture e lavori privati. Quanto sia difficile far ripartire le prime, lo stesso premier lo ha ricordato più di recente, all'Expo, quando ha spiegato che comunque nella strategia del governo per rafforzare la ripresa il rilancio delle infrastrutture è una delle due gambe (l'altra è la riduzione delle tasse). Più facile, forse, accelerare con i lavori privati: recupero e riqualificazione che in questi anni non hanno mai smesso di tirare e hanno rappresentato il vero salvagente del settore. E a tenere su il settore sono stati proprio gli incentivi fiscali alle ristrutturazioni che nel biennio 2013-2014 - sono sempre dati del Cresme - hanno veicolato il 60% dei lavori di rinnovo residenziale fatti in Italia. Insomma, se c'è un motore all'edilizia, oggi, si nasconde dietro gli sgravi Irpef del 50% e del 65%.

Questi sgravi finiscono a fine anno in questa misura e dovrebbero tornare a percentuali di agevolazioni (36%) che non interesserebbero praticamente nessuno. La grande sfida di far emergere il nero nascosto nell'edilizia, vinta dagli incentivi attuali, tornerebbe nell'ombra.
Ha ragione Graziano Delrio quando dice che gli incentivi hanno funzionato e non andrebbero solo confermati il prossimo anno, ma anche allargati. Il ragionamento non fa una piega: abbiamo trovato uno strumento di politica economica che funziona, uno di quei rari esempi di "fisco buono" che aiuta famiglie e imprese anziché affossarle, e vogliamo rinunciare? No, non ci rinunciamo e anzi sfruttiamolo con la maggiore intensità possibile. Se vogliamo favorire un'azione seria e costante di riqualificazione urbana e anche di recupero del nostro patrimonio pubblico, perché non estendere l'incentivo anche agli alloggi popolari pubblici? E, se vogliamo aiutare le giovani coppie a mettere su casa e famiglie (e anche le nostre imprese che competono nel mondo) senza incentivi drogati, perché non estendere il bonus mobili anche a chi va in affitto?

La consapevolezza e le premesse buone non mancano nel governo. Ora, però, spetta alla legge di stabilità tramutare le buone intenzioni in fatti capaci di far ripartire l'Italia.

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