Urbanistica

Stop alla Tasi, il governo prepara un «patto» soft per i comuni

di Marco Rogari

Allentare sensibilmente il Patto di stabilità interno, premiando però soprattutto i sindaci più virtuosi. Attribuire ai Comuni tutto il gettito dell'Imu sui capannoni industriali e una quota più elevata di quello relativo all'Imu sulla seconda casa (attualmente il 50% va allo Stato). Azionare la leva dei trasferimenti diretti dallo Stato. Al momento sono queste le tre opzioni sul tavolo dei tecnici del Governo per garantire agli enti locali in forma di compensazione i quasi 4 miliardi che perderanno con la cancellazione della Tasi sulla prima abitazione annunciata da Matteo Renzi. Lo stesso premier ha più volte assicurato ai sindaci che con lo stop alla tassa sulla prima casa non perderanno alcuna risorsa. Un concetto ribadito mercoledì dal sottosegretario all'Economia, Pier Paolo Baretta, che ha detto che i Comuni hanno ragione a chiedere compensazioni. Ma l'operazione, che dovrà marciare di pari passo alla nascita della nuova local tax, non si presenta affatto in discesa. In ballo ci sono più di 3,5 miliardi.

Che diventano 4,2-4,3 miliardi considerando anche la cancellazione, sempre annunciata dal premier, dell'Imu sui terreni agricoli e di quella sugli "imbullonati" (ovvero quei macchinari spesso di grandi dimensioni ancorati al suolo). E i Comuni sono in allarme. Una delle vie più facilmente praticabili sarebbe quella di allentare sensibilmente il Patto di stabilità interno, ma in questo modo si darebbe di fatto un vantaggio prevalentemente ai Comuni virtuosi.
Un'altra ipotesi allo studio è di trasformare da "statale" in "comunale" il gettito dell'Imu sui capannoni e fabbricati industriali che però coprirebbe solo per circa la metà le mancate entrate della Tasi sulla prima casa. Un'integrazione potrebbe arrivare alzando l'asticella della quota di Imu sulla seconda casa destinata ai Comuni. La decisione sarà presa a settembre. E non è escluso che alla fine passi la linea del "mix": Patto più leggero integrato da nuove risorse ai Comuni magari in parte sotto forma di maggiori quote di Imu. Imu che peraltro dovrebbe essere assorbita nella local tax. Il nuovo tributo unico locale semplificato non dovrebbe però inglobare altri "balzellini" comunali come Cosap, Tosap e Cimp (tasse su occupazione delle aree pubbliche e sulle affissioni). E pure la Tari dovrebbe sopravvivere. Ma la partita con i Comuni sulla "stabilità" non si limiterà solo a Tasi e local tax.

Restano da sciogliere anche le questioni dell'estensione a tappeto del meccanismo dei fabbisogni standard (non solo alla sanità) e delle ricadute sugli enti locali del nuovo sistema articolato su poco più di 30 stazioni appaltanti per gli acquisti di beni e servizi della Pa. In altre parole c'è da capire quanto la "spending review 2.0" che si sta preparando a Palazzo Chigi inciderà sui Comuni. A influenzare l'esito della partita saranno anche le dimensioni della prossima manovra, che attualmente oscilla tra i 24 e i 25 miliardi. Nell'intervista rilasciata ieri al Sole 24 Ore il ministro Graziano Delrio ha affermato che al termine del confronto con la Ue potrebbero essere utilizzati nuovo margini di flessibilità per investimenti pari a 5-6 miliardi. Che andrebbero ad aggiungersi ai 6,4 miliardi di deficit già contabilizzati nel Def. In questo caso la manovra potrebbe anche salire a 27-28 miliardi ma se dalla Ue arrivasse l'ok solo all'uso di altri 3-4 miliardi, l'asticella dovrebbe rimanere a quota 25 miliardi.

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