Urbanistica

Demolizione e ricostruzione senza modificare la sagoma, ecobonus ok solo se il Comune cambia il titolo abilitativo

di Giorgio Gavelli

Nel caso di un intervento edilizio iniziato prima del 21 agosto 2013 e terminato successivamente, riguardante demolizione e ricostruzione di un edificio con modifica della sagoma, ma con identica volumetria, le detrazioni fiscali per il recupero edilizio e per il risparmio energetico sono applicabili solo sulle spese sostenute dopo l'eventuale modifica del titolo abilitativo ottenuta dal Comune.

Con questa risposta a un interpello del giugno scorso (protocollo 909-195/2015), la Dre Emilia-Romagna prende posizione su una questione spinosa e che può incidere notevolmente sulla dichiarazione che alcuni contribuenti presenteranno entro il prossimo 30 settembre (nonché sui relativi versamenti d'imposta già effettuati o in corso).
Il problema riguarda gli effetti fiscali della modifica apportata all'articolo 3, comma 1, lettera d), del Dpr 380/2001 dall'articolo 30, comma 1, del Dl 69/2013, in vigore dal 21 agosto 2013. Per effetto della modifica, la definizione di "ristrutturazione edilizia" in caso di demolizione e ricostruzione dell'edificio non si ha più a condizione che l'intervento avvenga «con la stessa volumetria e sagoma di quello preesistente, fatte salve le sole innovazioni necessarie per l'adeguamento alla normativa antisismica», ma eliminando da tale locuzione le parole «e sagoma».

Un intervento di demolizione e ricostruzione con stessa volumetria e diversa sagoma, quindi, è una «ristrutturazione», mentre se si varia anche la volumetria è una «nuova costruzione».

Quando mutano le definizioni in edilizia si ha inevitabilmente un «effetto domino» su quelle fiscali, che alle prime si ricollegano. Infatti, l'articolo 16-bis, comma 1, lettera a) del Tuir (che disciplina la detrazione per il recupero edilizio, attualmente pari al 50%) rinvia al Dpr 380/2001, come pure, indirettamente, la tabella A, parte II e III, del Dpr 633/1972 in tema di aliquote Iva applicabili alle prestazioni di servizio dipendenti dai contratti di appalto per l'esecuzione dei relativi lavori.

La stessa detrazione sul risparmio energetico (attualmente fissata al 65%) non spetta in caso di nuova costruzione ma solo di «ristrutturazione» (Risoluzione 4/E/2011, circolare 36/E/2007 e Faq Enea del 26 giugno 2014 n. 41 ). Si ricorda altresì che il bonus fiscale del 36-50% spetta anche se l'edificio demolito aveva una destinazione diversa da quella residenziale, a patto che l'uso residenziale sia rispettato dal nuovo edificio ricostruito (risoluzione 14/E/2005).

ell'ipotesi oggetto di interpello, l'autorizzazione era stata rilasciata a dicembre 2012 e quindi prima della modifica normativa, per cui essa si riferiva a un intervento di «demolizione e ricostruzione» all'epoca non assimilabile a una ristrutturazione. L'istante, tuttavia, facendo presente che l'intervento realizzato mantiene la stessa volumetria dell'edificio precedente e che, quindi in base alla legge 98/2013 è da qualificarsi tecnicamente come "ristrutturazione", riteneva di poter detrarre al 50% ai fini Irpef le spese sostenute successivamente al 21 agosto 2013 (criterio di cassa), mentre ai fini Iva l'aliquota del 4% applicata sulle fatture emesse sino a quella data (tabella A, parte II, n. 39, Dpr 633/1972) avrebbe dovuto lasciare il posto a quella del 10% (tabella A, parte III, n. 127-quaterdecies).

La Dre Emilia-Romagna, invece, ha sposato una tesi più conservativa, trincerandosi dietro al fatto che la corretta qualificazione di un intervento edilizio non è riscontrabile in un interpello né «in sede di correzione delle dichiarazioni dei redditi» se non basandosi sui documenti in possesso del contribuente. Senza prendere esplicitamente posizione sulle aliquote Iva, l'Agenzia nega al caso specifico le detrazioni per la ristrutturazione edilizia almeno sino a quando non «sia possibile ottenere dal Comune una modifica del titolo abilitativo», peraltro «solo sulle spese sostenute dopo l'eventuale modifica».

In proposito, al di là del fatto che l'esatta qualificazione dei lavori può essere asseverata anche da un tecnico, si osserva che potrebbe non essere necessario nella fattispecie considerata richiedere una «modifica del titolo abilitativo». Ove il Comune, infatti, certificasse che l'intervento oggetto del primo permesso sia da qualificarsi, in base alle prescrizioni in vigore dal 21 agosto 2013, come «ristrutturazione edilizia», potrebbe presumibilmente essere possibile considerare agevolabili le spese sostenute ("per cassa") almeno a decorrere da quella data, non essendo mutato l'intervento, ma solo la sua definizione urbanistica (e fiscale). Anche ai fini Iva non sembra soluzione immune da critiche far dipendere la corretta aliquota applicabile non dall'esatta natura dell'intervento, ma dal fatto che il contribuente si attivi o meno per farne modificare la dizione sul titolo abilitativo.

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