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Trasporto pubblico locale, parte con i costi standard la riforma del Fondo statale Tpl

di Alessandro Arona

Intesa in Conferenza unificata allo schema di decreto del Ministro delle Infrastrutture, Graziano Delrio per la definizione dei costi standard nei servizi di trasporto pubblico locale (Tpl), primo passo per la riforma del fondo statale Tpl alle Regioni dal sistema della "spesa storica" a un nuovo sistema fondato su costi standard, ricavi da traffico e fabbisogno dei servizi. «Si tratta di un passaggio storico - ha commentato il Ministro Delrio - atteso da decenni, che insieme a tutte le misure adottate in modo condiviso per migliorare il trasporto pubblico locale, potranno garantire servizi più equi da Nord a Sud, in tutto il Paese».
Il Dpcm investimenti firmato il 22 febbraio dal premier Gentiloni contiene fra l'altro un nuovo finanziamento per costruire nuove metropolitane e tranvie, intorno a tre miliardi di euro.

La riforma del fondo Tpl è stata impostata dal governo Gentiloni con l'articolo 27 del Dl 50/2017 (la manovrina di primavera). Ogni hanno lo Stato gira le risorse del fondo Tpl alle Regioni per coprire gli strutturali squilibri nei costi di gestione dei servizi (bus urbani ed extraurbani, metropolitane e tranvie, treni regionali), ai fini della garanzia del "servizio universale"; finora il fondo oscillava in base all'andamento dell'accisa sul carburante dell'autotrasporto, per cui in pratica le risorse oscillavano in modo imprevedibile di anno in anno e poi erano legate al consumo di benzina e gasolio per i trasporti (una logica difficile da afferrare).

La riforma ha prima di tutto stabilizzato il fondo, sganciandolo dalle accise: 4,789 miliardi di euro per l'anno 2017 e 4,932 dal 2018, stabile anche nei prossimi anni. Il fondo valeva 6 miliardi nel 2008-2010, poi sceso a 4 nel 2011, poi circa 4,9/5 miliardi nel periodo 2012-2016.

La seconda gamba della riforma era la modifica del sistema di ripartizione del fondo tra le Regioni, con l'obiettivo di superare gradualmente la "spesa storica", e cioè il principio per cui la torta si ripartisce sempre nello stesso modo, per sempre. L'obiettivo era invece stabilire criteri che da una parte penalizzassero le gestioni inefficienti e dall'altra tenessero conto del fabbisogno reale di servizi, che fra l'altro può cambiare nel tempo.
L'articolo 27 prevedeva dunque tre decreti del Mit, relativi a: 1) definizione dei costi standard, sulla cui base sarebbe stato calcolato a regime il 20% della ripartizione del fondo (10% nel 2018, 15% nel 2019, 20% a regime dal 2020; 2) modalità di misurazione dei ricavi da traffico, anche questi con peso sul riparto del 10% nel 2018, poi 15 e poi 20%; 3) fabbisogno dei servizi, che peserà per il 60% sul riparto, ma da calcolare con un decreto da emanare entro due anni, dunque con tempi più graduali.

Il decreto che ha avuto l'intesa in Conferenza Unificata, e che sarà firmato nei prossimi giorni da Delrio, stabilisce i criteri per i costi standard, mentre quello sui ricavi da traffico è in fase avanzata di preparazione, e potrebbe essere firmato anch'esso da Delrio. Il riparto 2018 del fondo (i 4,9 miliardi) è stato anticipato per l'80% alle Regioni a fine gennaio sulla base dei costi storici, mentre il conguaglio in corso d'anno dovrebbe già tenere conto, per il 10% + 10%, dei nuovi criteri.
I costi standard - si legge nel decreto - saranno calcolati per ogni servizio di Tpl (e dunque per il totale di ogni regione) sulla base di un modello econometrico di analisi dei costi elaborato dall'Università La Sapienza di Roma, basato su: 1) velocità commerciale; 2) dimensione del servizio (milione di km percorsi); 3) costo standard di ammortamento del materiale rotabile (bus e treni).
Basare le risorse statali, anche se solo in parte (20%), sui costi standard premia evidentemente chi ha gestioni più efficienti (e viceversa). I costi standard saranno fra l'altro la base di calcolo per le eventuali gare di Tpl.

Il terzo criterio, il fabbisogno del servizio, ha l'obiettivo di garantire in modo equo gli stessi "diritti di mobilità" ai cittadini di tutta Italia: in sostanza, alle Regioni che si dimostri che hanno "più bisogno" di servizi di Tpl arriveranno gradualmente più risorse. Le Regioni hanno condiviso questa riforma, ma hanno chiesto di inserire una clausola di "gradualità", e cioè che le eventuali modifiche ai fondi di ciascuna Regione derivanti dall'applicazione dei nuovi criteri non possano superare il 5% per ogni anno (cioè al massimo +5% o -5% da un anno all'altro).

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