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Geotermia, l'Italia scende al sesto posto ma prepara il rilancio con impianti green

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di Silvia Pieraccini

Nel 2016 l’Italia è scesa dal quinto al sesto posto nella classifica mondiale dei produttori di energia geotermica, con 815 Mw di capacità installata dietro Usa (3.567 Mw), Filippine (1.930), Indonesia (1.375), Messico (1.069) e Nuova Zelanda (973), e davanti a Islanda (665 Mw), Turchia (637), Kenya (607) e Giappone (533). Ma, al di là della posizione perduta, a preoccupare la filiera industriale della geotermia made in Italy – riunita ieri nel Salone de’ Cinquecento in Palazzo Vecchio a Firenze, insieme con i Governi di molti Paesi geotermici, dall’Africa all’Asia, per la conferenza della Global geothermal alliance - è il fatto che chi sta dietro di noi nella top 10 mondiale corre a velocità di gran lunga superiore.

L’Italia - primo Paese al mondo a sfruttare l’energia geotermica per la produzione di elettricità (nel 1907), prima a costruire un impianto geotermico (a Larderello, in provincia di Pisa, nel 1913) e fino al 1958 unica al mondo a produrre elettricità dalla geotermia - rischia dunque di perdere terreno, proprio ora che le nuove tecnologie permettono impianti “puliti”.

«Negli ultimi sette anni in Turchia sono stati sviluppati progetti geotermici di nuova generazione, che prevedono la completa reiniezione del fluido geotermico e nessuna emissione di gas in atmosfera, per 1.000 megawatt – spiega Pietro Cavanna, presidente del settore Idrocarburi e geotermia di Assomineraria-Confindustria – mentre nello stesso periodo, in Italia, non è arrivato al traguardo neppure uno dei progetti-pilota basati sulle nuove tecnologie a basso impatto ambientale, e presentati sulla base del decreto 22 del 2010 che assegna la competenza al ministero dello Sviluppo economico d’intesa con le Regioni». Il motivo dello stop alla ventina di progetti-pilota è un mix di burocrazia, ostacoli territoriali e comitati ambientalisti. «Eppure qui abbiamo tecnologie all’avanguardia e aziende pronte a operare, dalle perforazioni all’impiantistica di superficie», aggiunge Cavanna.

Il Mise annuncia la volontà di proseguire su questa strada: «Una delle due linee di sviluppo sulla geotermia – spiega Gilberto Dialuce, capo della Direzione per la sicurezza dell’approvvigionamento e le infrastrutture energetiche – è andare avanti con i progetti-pilota diretti a ridurre l’impatto ambientale, vincendo le resistenze che ci sono». L’ altra linea di sviluppo, aggiunge Dialuce, è quella della media e bassa entalpia, «che ha un grosso potenziale non solo nelle regioni tradizionalmente geotermiche come la Toscana e Lazio, ma anche in Sicilia e Campania». In questo modo la geotermia si candida a dare un contributo alla strategia energetica nazionale, che al 2030 prevede il 27% da fonti rinnovabili (oggi è il 17%). «L’Italia è impegnata nella promozione di politiche a favore delle fonti rinnovabili – ha ribadito ieri a Firenze il ministro Gian Luca Galletti – tra cui la geotermia che ha un enorme potenziale inespresso».

Nel 2016, come ha ricordato il viceministro dello Sviluppo economico Teresa Bellanova, l’Italia ha raggiunto il record di produzione geotermica, con 5.871 GWh nelle 34 centrali geotermiche, tutte in Toscana e tutte di Enel Green Power, che ora sta investendo all’estero: proprio oggi l’ad Francesco Starace inaugurerà l’impianto di Cerro Pabéllon, in Cile, una delle centrali ad alta entalpia più innovative al mondo

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