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Terre e rocce da scavo, via libera-bis del governo dopo lo stop del Quirinale

di Giuseppe Latour

Terre da scavo: il Governo supera l'impasse. Il decreto "desaparecido", dopo un periodo di galleggiamento durato dieci mesi, è finalmente riemerso nel Cdm di venerdì scorso. Il testo unico che deve riorganizzare la materia, semplificandola in maniera sostanziale, era stato approvato lo scorso 14 luglio, in via definitiva, dal Consiglio dei ministri dell'allora Governo Renzi. Dopo il via libera, però, il Dpr non era mai stato pubblicato. Quel passaggio apparentemente ordinario, infatti, settimana dopo settimana si era trasformato in un vero e proprio giallo.
Il testo, di fatto, è andato disperso nella strada che da Palazzo Chigi porta al Quirinale. Con una conseguenza gravissima per la certezza del diritto: gli operatori pubblici e privati per mesi non hanno saputo a quale regime fare riferimento nella programmazione delle loro attività. Se, infatti, un sistema di gestione delle terre da scavo esisteva e funzionava, il nuovo decreto poteva, da un momento all'altro, cancellare tutto di colpo. Adesso il nodo è stato finalmente sciolto: il Governo ha licenziato un nuovo testo che, a questo punto, dovrebbe andare rapidamente in Gazzetta ufficiale.

La questione si è trascinata per mesi ed è anche stata oggetto di un'interrogazione parlamentare lo scorso 14 novembre. Qualche data può aiutare a capire il problema. Il 14 luglio 2016 il Consiglio dei ministri aveva approvato in via definitiva un Dpr relativo alla regolamentazione delle terre e delle rocce da scavo, dopo che il testo aveva fatto, come di consueto, il giro di Camera e Senato per i pareri. Dal 14 luglio si erano però perse le tracce del testo, rimasto per mesi nel limbo, con gli operatori nella più totale incertezza.

Il provvedimento – va precisato - è molto importante, perché fissa le regole per il riutilizzo dello smarino, riformando profondamente la materia. In attesa della pubblicazione definitiva, il settore si è trovato sospeso. Per le stazioni appaltanti, infatti, era impossibile avere certezza delle regole in materia di riutilizzo delle terre, in fase di costruzione dei bandi. Non si sapeva cosa qualificare come sottoprodotto e come rifiuto o quali analisi effettuare. Se da un lato c'era una disciplina regolarmente in vigore, infatti, le nuove regole erano da tutti considerate in arrivo.

Sui motivi di questa sospensione non sono mai arrivate conferme. La versione ufficiale dava il provvedimento in pubblicazione da un momento all'altro. In realtà, diverse indiscrezioni dicono che gli uffici del capo dello Stato avrebbero chiesto modifiche molto pesanti al decreto, rimandandolo alla presidenza del Consiglio dei ministri per stralciare alcune parti. In particolare, sarebbe finito nel mirino un passaggio dell'articolo 27, che regola la fase transitoria. Qui era presente una norma costruita per agevolare la riapertura di quei cantieri abbandonati nei quali fossero presenti dei cumuli di terra. Sul punto è sufficiente l'osservazione dei tecnici della Camera: «La norma introduce una discutibile sanatoria in caso di violazione di precedenti normative». Tramite la presentazione di un nuovo piano di utilizzo delle terre, infatti, sarebbe stato possibile reimpiegare materiali di dubbia provenienza. Ora queste norme sono state corrette. In seguito a queste integrazioni, però, è stato necessario tornare in Cdm: impossibile la pubblicazione diretta in Gazzetta ufficiale dopo una modifica di merito al testo.

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