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Dissesto idrogeologico, interventi al ralenti: in 18 mesi spesi soltanto 109 milioni su 650

di Giuseppe Latour

Appena 109 milioni di risorse statali consumate. A quasi un anno e mezzo di distanza dalla sua partenza, il piano aree metropolitane per il contrasto al dissesto idrogeologico segna il passo. E, su un target complessivo di 654 milioni di euro di fondi del ministero dell'Ambiente, è riuscito a totalizzare erogazioni per appena il 16,7%. Sono numeri frutto di un monitoraggio ufficiale, comunicato dal Governo alla commissione Ambiente della Camera, in risposta a un'interrogazione parlamentare del Movimento 5 Stelle.

Una parte del bilancio del ministero dell'Ambiente era stata già anticipata da «Edilizia e Territorio» nei giorni scorsi. Sui 33 interventi inseriti negli elenchi del Dpcm datato 15 settembre 2015, la banca dati dell'Ispra dice che sei risultano non avviati (uno in Abruzzo, due in Liguria; uno in Sardegna; due in Toscana), sedici sono in corso di progettazione (due in Emilia-Romagna; sette in Lombardia; quattro in Toscana; tre nel Veneto), sei hanno una progettazione ultimata (tre in Toscana; tre in Emilia-Romagna), tre hanno lavori in esecuzione (due in Liguria e uno in Lombardia). Uno solo l'intervento ultimato, in Emilia Romagna. Insomma, l'analisi dei livelli di progettazione e di esecuzione dice chiaramente che il piano decollerà in pieno solo nel 2018, a oltre due anni di distanza dalla sua partenza.
Dai dati del ministero, però, emerge un ulteriore elemento legato ai finanziamenti: le Regioni, infatti, sono riuscite a spendere meno di un sesto delle risorse messe a loro disposizione.

Questi sono i numeri. In Abruzzo su un importo totale previsto di 54,8 milioni di euro sono stati staccati assegni per 7,9 milioni. In Emilia Romagna, su risorse per 27,3 milioni di euro, sono arrivati 18,4 milioni. In Liguria dovevano arrivare 275 milioni, ma ne sono stati spesi appena 39,5. In Toscana le disponibilità erano pari a 64,2 milioni ma la spesa è stata di 9,2 milioni. In Lombardia erano disponibili 112,4 milioni ma ne sono stati spesi solo 16,2. In Veneto c'erano 104 milioni ma ne sono stati spesi 15,6. Infine, in Sardegna erano disponibili risorse per 16,3 milioni ma la spesa si è fermata a 2,4 milioni.

Il consuntivo, allora, dice che su 654 milioni di euro le Regioni hanno richiesto assegni per soli 109,4 milioni. Siamo fermi appena al 16%, meno di un sesto del totale della spesa possibile. Ma non è tutto. Per capire meglio a che punto siamo bisogna analizzare il meccanismo di erogazione delle quote. Il Dpcm prevedeva una prima tranche di anticipo pari al 15% del valore complessivo degli interventi e, poi, cinque quote pari al 15% e una quota finale pari al 10%, di saldo, a lavori ultimati. Dopo la prima quota, la seconda si incassa certificando il 75% di spesa della prima. In questo modo, si dovrebbe andare avanti senza soluzione di continuità. Al momento, Solo l'Emilia Romagna è arrivata alla seconda quota, mentre tutte le altre Regioni sono ferme alla prima. Significa, traducendo questi dati in stati di avanzamento, che hanno tutte livelli di spesa inferiori al 75% richiesto per passare al secondo step. Insomma, lo stato di avanzamento complessivo dei piani è anche inferiore a un sesto del loro valore complessivo.

Non è un caso, allora, che il ministero dell'Ambiente stia pensando di rivedere il meccanismo di erogazione dei fondi, per oliare meglio quegli ingranaggi che hanno girato così male in questo primo anno. L'idea, già discussa con le Regioni, è di rimodulare il numero delle quote che compongono l'erogazione complessiva, andando a ritoccare il Dpcm. Anziché incassare il denaro in sette tranche, allora, i governatori potrebbero avere i loro soldi a disposizione in meno rate. Le maggiori disponibilità di spesa dovrebbero, così, permettere ai piani di avanzare molto più rapidamente.

Lo stato di avanzamento del programma, per tranche erogate e per Regioni (fonte ministero dell'Ambiente )

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