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Acqua/2. Fondo di garanzia per le opere idriche ancora in attesa di attuazione

di Giuseppe Latour

Cercasi fondo di garanzia per le opere idriche. Il plafond pensato per rendere più semplici gli investimenti sulle infrastrutture dedicate all'acqua è comparso nei radar degli operatori del settore da almeno un paio d'anni. E circa un anno fa il collegato ambientale ha aperto la strada a un Dpcm, su proposta del ministero delle Infrastrutture, per regolare nei dettagli il nuovo meccanismo. Dopo più di dodici mesi, però, il fondo resta solo sulla carta. Il provvedimento che dovrà attuarlo è incastrato tra Mit e ministero dell'Ambiente: potrebbe mobilitare, una volta attivato, fino a cinque miliardi di investimenti.

Lo strumento era contenuto nel collegato ambientale (legge n. 221 del 2015), all'articolo 58. Qui si stabiliva che «a decorrere dall'anno 2016 è istituito presso la Cassa conguaglio per il settore elettrico, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, un Fondo di garanzia per gli interventi finalizzati al potenziamento delle infrastrutture idriche, ivi comprese le reti di fognatura e depurazione, in tutto il territorio nazionale». Questo fondo sarà alimentato «tramite una specifica componente della tariffa del servizio idrico integrato, volta anche alla copertura dei costi di gestione». A regolare lo strumento, però, sarebbe dovuto arrivare un Dpcm, elaborato su proposta del ministero delle Infrastrutture, di concerto con il ministero dell'Ambiente. L'obiettivo del fondo era creare un sistema in grado di rendere più semplice la realizzazione degli investimenti nel settore dell'acqua, abbattendo gli oneri a carico degli operatori. Si tratta di un intervento che sarebbe decisivo, soprattutto per le piccole società che operano nel settore.

Le notizie sui destini del fondo, però, sono tutt'altro che confortanti. A oltre un anno dalla pubblicazione della legge, infatti, il testo risulta ancora fermo nei cassetti del ministero delle Infrastrutture. Una prima bozza del provvedimento, per la verità, è stata elaborata dal ministero dell'Ambiente insieme al Mit. Su quel testo è partito un giro di consultazioni con gli operatori del settore che, addirittura, hanno cominciato a fare ipotesi sugli investimenti che sarebbe possibile mobilitare con il plafond. L'idea era di mettere insieme un fondo da circa mezzo miliardo di euro, in grado di movimentare tramite la sua leva circa cinque miliardi di investimenti. Con questa cifra sarebbe possibile completare gli interventi attualmente programmati nei diversi piani.

Quindi, uno strumento indubbiamente utile che, però, sta avanzando troppo lentamente. Dopo diversi rimpalli tra il Mibact e il Mit, per limare i dettagli del provvedimento, il testo si è bloccato alle Infrastrutture. Il motivo, secondo indiscrezioni, sarebbe da ricercare proprio nelle richieste degli uffici di Graziano Delrio. Qui infatti sarebbe maturata l'idea di ampliare la portata del meccanismo di garanzia, utilizzandolo anche per la messa a norma di dighe e invasi. Questo allargamento del raggio d'azione, però, ha complicato di molto la partita, perché ha coinvolto questioni che non riguardano direttamente il servizio idrico integrato e sono più relative al finanziamento tramite fondi pubblici. Da qui è nato lo stop. E, al momento, non ci sono segnali che il decreto possa rimettersi in movimento.

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