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Piano Fs/2. Dalla Borsa al ruolo di general contractor, i pilastri dello sviluppo secondo Mazzoncini

di Celestina Dominelli e Giuseppe Latour

Niente più scorpori o quotazioni della holding, seppelliti definitivamente anche dagli ultimi paletti piantati dall’Europa, ma il collocamento in Borsa nel 2017, con entità e tempistica definitive ancora da decidere (ma l’asticella non sarà comunque inferiore al 30%), dei servizi passeggeri a lungo raggio. Tradotto: la divisione di Trenitalia cui fanno capo le Frecce e gli Intercity, tenendo fuori il trasporto regionale. Renato Mazzoncini, numero uno di Fs, svela i contorni del collocamento che verrà e lo fa in occasione della presentazione del nuovo piano industriale del gruppo, dall’orizzonte decennale e dall’impegno sostanzioso con 94 miliardi di investimenti messi in campo da qui al 2026 e con la promessa di raddoppiare i ricavi nell’arco di piano (dai 9 miliardi di fine 2016 a 17,6) e di portare l’Ebitda da 2,3 a 4,6 miliardi.

Una sfida assai ambiziosa che Ferrovie si dice pronta a portare avanti attraverso una metamorfosi profonda imperniata su cinque pilastri: mobilità integrata con una scommessa ad ampio raggio che investe tutti gli attori e le modalità di trasporto; logistica integrata mediante un riassetto profondo del settore merci; spinta all’integrazione tra infrastrutture ferroviarie e stradali sfruttando la sponda delle nozze con Anas; sviluppo internazionale e digitalizzazione.

Una rivoluzione profonda, quindi, che punta sulla capacità di crescere, e anche parecchio, al di fuori del perimetro tradizionale - da qui ci si attende più del 70% della spinta prevista - e che raccoglie anche il plauso del premier Matteo Renzi. «È un piano che sa rischiare, che sa guardare al futuro, che tiene insieme l’altissima eccellenza (l’alta velocità) e un’attenzione maggiore per i pendolari che hanno bisogno di nuovi treni e nuovi bus», rimarca Renzi nel tenerlo a battesimo davanti a una folta platea (in sala ci sono il ministro dei Trasporti, Graziano Delrio, l’ex ad e ora numero uno di Leonardo, Mauro Moretti, il ceo di Terna, Matteo Del Fante, il presidente di Anas, Gianni Armani).

Ed è partendo da quel piano che Mazzoncini, come detto, scioglie anche il nodo della quotazione. Il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, non c’è per impegni pregressi, ma si comprende che tra l’azienda e l’azionista «c’è un perfetto allineamento», rimarca anche la presidente Gioia Ghezzi. E, nel pomeriggio, il titolare di Via XX Settembre suggella poi in un tweet la totale sintonia. «Il piano industriale di Fs pone le basi per una Ipo di successo. Privatizzare per noi vuol dire valorizzare». Certo, come spiega anche l’ad, non sarà più una privatizzazione, ma un’operazione che si sviluppa tutta nel gruppo e che, rispetto al target, non tradisce lo spirito del Dpcm che ha avviato il percorso. «I destinatari saranno i cittadini, i nostri dipendenti e, al limite, alcuni fondi istituzionali. No a gruppi industriali che possono entrare nel capitale, il controllo rimane di Ferrovie», chiarisce ancora il ceo che non esclude futuri collocamenti di altri segmenti, a cominciare dalle merci («ma solo quando arriverà a un livello di profittabilità accettabile») e il possibile ricorso in futuro anche ad aumenti di capitale per consentire alla società quotanda «di competere in Europa con altri grandi player».

Non fornisce cifre, invece, Mazzoncini su quello che potrà essere il valore dell’operazione, ma si limita a ricordare, bilancio alla mano, i numeri di quella fetta: «Abbiamo un Ebitda di 700 milioni che punta a toccare il miliardo su un fatturato che va da 2,4 a 3 miliardi. In altri termini, un 30% di Ebitda margin e un debito per la divisione nel suo complesso di circa 1,5 miliardi». Troppe ancora le tessere da affinare per formulare delle previsioni, dunque, non ultima la risposta del mercato, ma già qualcuno, tra gli addetti ai lavori, comincia a indicare una stima prudenziale che, se fosse confermata l’asticella minima del 30%, sarebbe nell’ordine degli 1,2-1,3 miliardi di euro.

La quotazione, però, è solo un tassello di un piano molto più ampio, pensato per trasformare Fs da azienda ferroviaria in operatore di servizi di mobilità integrata. L’idea di fondo è che, mentre andranno consolidati servizi su rotaia già maturi, il potenziale di espansione maggiore si trova nel trasporto su gomma: qui è possibile salire da una quota di mercato del 6% fino al 25% nel 2026. Per far questo, Mazzoncini punta su Busitalia, la società che si occupa di trasporto di persone su gomma: dovrà, dal lato del trasporto locale, «cogliere opportunità in tutta Italia, partecipando a gare» e, allo stesso tempo, aggredire con decisione il mercato della lunga percorrenza. In parallelo, sarà migliorata l’offerta di FrecciaLink, il servizio di bus integrato con l’alta velocita. Senza dimenticare le rotaie: nei prossimi mesi sarà completata la fornitura dei Frecciarossa 1000 e decollerà l’accordo quadro che consentirà la fornitura di 450 treni regionali, ai quali si aggiungeranno 50 treni diesel.

Questa nuova filosofia è tenuta insieme dalla digitalizzazione. Spiega Mazzoncini: «Pensiamo a una piattaforma, una app che consenta di programmare un viaggio con più modalità di trasporto. Fs sarà il tronco di una struttura che immaginiamo come un albero». I rami sono tutte le aziende impegnate in altre forme di trasporto, anche quelle più innovative, con cui accordarsi per fare concorrenza a Moovit e Google Transit. Resta, comunque, forte l’impegno sull’infrastruttura con investimenti per 62 miliardi. Ma anche in questo caso andranno esplorati fronti innovativi, a partire dal matrimonio con Anas.

Questa integrazione apre uno dei capitoli più interessanti: la possibilità di proporsi all’estero come general contractor, in grado di realizzare ferrovie e strade, come accadrà in Iran. Ma, per portare dal 13% al 23% i ricavi dall’estero, sarà importante anche la crescita dei servizi ferroviari a mercato. Dopo la greca Trainose, l’attenzione è già puntata su altre rotte: Parigi-Bruxelles, Parigi-Bordeaux, Amburgo-Colonia e Londra-Edimburgo. Completa il quadro il riassetto della logistica in un polo unico, la nuova Mercitalia. Fatturato di partenza: un miliardo che diverranno 1,9 entro il 2021

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