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Dissesto idrogeologico, maxi-piano in affanno: pochi cantieri e fondi insufficienti

di Giuseppe Latour

Grandi avanzamenti sul fronte del monitoraggio e del coordinamento tra livelli istituzionali. Ma problemi che restano nella capacità di passare dalla programmazione ai cantieri. Tanto che, ad oggi, il maxi piano da 7 miliardi nel periodo 2015-2020, annunciato a più riprese dal Governo, resta ancora lettera morta e lo stralcio dedicato alle aree metropolitane, definito a dicembre del 2015, sta decollando con qualche incertezza: il grosso dei progetti è ancora in fase di elaborazione. Sono questi gli elementi principali del bilancio dell'Unità di missione Italia Sicura che, negli ultimi due anni, ha lavorato sul fronte del dissesto idrogeologico. Elementi che diventano un tema di riflessione importante alla luce del lavoro che il Governo dovrà fare nel prossimo futuro su Casa Italia.

Gli stanziamenti pre-2010
Il percorso della squadra oggi guidata da Mauro Grassi e istituita a maggio del 2014 è partito dal recupero di vecchi stanziamenti precedenti al 2010: in sostanza, è stata individuata una disponibilità pari a 2,7 miliardi che, fino a quel momento, non era stata clamorosamente impiegata. Sul monitoraggio della spesa, allora, è stato fatto il lavoro più importante. Prima dell'arrivo della struttura di Palazzo Chigi la situazione era sfilacciata in modo quasi difficile da credere. A valle degli stanziamenti, infatti, lo Stato non aveva contezza della spesa effettiva dei fondi. Non sapeva, cioè, nel dettaglio cosa veniva fatto a livello locale con il denaro disponibile. Il controllo, di conseguenza, era impossibile. Ora non è più così: Italia Sicura conosce le priorità, gli interventi in corso e l'andamento della spesa.
Recuperati questi 2,7 miliardi, sono stati aperti cantieri per 1,5 miliardi.

L'attuazione del piano aree metropolitane

Nei mesi successivi è stato aggiunto il principale capitolo di nuovo intervento dell'esecutivo sul fronte del dissesto: il piano aree metropolitane. Il Governo, con questo programma di investimenti, ha messo sul piatto un piano da 1,3 miliardi di euro (di cui 800 milioni ad oggi finanziati) per rammendare le zone più a rischio del paese, Genova in testa. Quegli stanziamenti hanno, però, avuto una vita piuttosto travagliata. Le fondamenta del piano sono state gettate tra novembre e dicembre del 2014 ma è servito un anno per completare il suo iter e sottoscrivere gli accordi di programma con le Regioni, a dicembre del 2015.
Inoltre, la fase di implementazione del piano è andata decisamente a rilento. Stando a un monitoraggio di agosto scorso, se consideriamo i 31 interventi relativi a Emilia Romagna, Liguria, Lombardia, Toscana e Veneto (le Regioni di peso maggiore) solo un'opera è stata completata e quattro gare sono state aggiudicate o sono in corso di aggiudicazione. Per il resto, dopo otto mesi dalla firma degli accordi di programma, ci sono ben 26 cantieri in attesa di un bando, complice il divieto di appalto integrato, introdotto dal nuovo Codice appalti. A questo c'è da aggiungere che il piano aree metropolitane è ancora in attesa dello stanziamento di 500 milioni, per completare il suo perimetro di 1,3 miliardi. Se l'attività di monitoraggio è migliorata, insomma, c'è ancora una certa lentezza quando si tratta di passare dagli stanziamenti ai cantieri.

Il nodo della progettazione
Un problema sul quale pesa la lunghezza degli iter burocratici necessari ad attivare gli interventi. Insieme a un altro fattore: la lentezza di Regioni ed enti locali nel completare le progettazioni. Il nodo è stato denunciato dall'Unità di missione sin dal suo esordio. La tendenza delle amministrazioni, per anni, è stata quella di chiedere denaro sulla base di semplici progetti preliminari o, addirittura, di studi di fattibilità. Questo, però, porta un effetto collaterale quando bisogna mettere in pista gli interventi: senza un progetto in fase avanzata, è difficile far partire i cantieri in tempi brevi. Nonostante la sensibilizzazione fatta da Palazzo Chigi, il tema rimane, perché i soldi per fare i progetti non ci sono: non si tratta di poche risorse, visto che un esecutivo può arrivare a costare anche il 10% del totale del lavoro. Per rimediare, in questi giorni sta partendo un fondo progettazione nazionale, da 100 milioni di euro, che consentirà alle Regioni di sbloccare un po' di gare.

L'incognita del piano da sette miliardi
Infine, resta il tema del piano nazionale di messa in sicurezza da sette miliardi (uno all'anno) tra il 2015 e il 2020 di cui il Governo ha parlato per mesi ma che, poi, è uscito dai radar. A ben vedere, il quadro degli stanziamenti sarebbe anche favorevole: ci sono i 2,7 miliardi precedenti al 2010, gli 800 milioni del piano aree metropolitane e, da poco, ci sono a disposizione anche i soldi dei Patti per il Sud, pari a circa 1,5 miliardi. A questi potrebbero aggiungersi i fondi di un prestito Bei, da circa 1,8 miliardi: con questa modalità il Governo punta a recuperare denaro per il Nord. Anche se ci sono i fondi, però, manca ancora un programma organico di lavori, supportato dai relativi accordi con le Regioni.

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