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Acqua, l'Authority fa bene ai conti delle società: ebitda medio del 24% per le prime cento aziende

di G.La.

Effetto sprint grazie alla regolazione dell'Autorità di settore. È quanto emerge dallo studio appena pubblicato da Crif ratings e dal laboratorio Ref ricerche, dedicato all'analisi economico finanziaria delle principali cento aziende italiane del settore idrico. L'analisi è stata condotta sulla base dei dati di bilancio di un campione di 95 società di gestione del servizio idrico integrato e delle quattro società quotate in Borsa che operano nel servizio idrico del nostro Paese (A2A, Acea, Hera e Iren). Queste società (escluse le quotate) raggiungono un ebitda da record, in media del 24 per cento. Per effetto di questi conti così sani, allora, hanno in pancia un potenziale finanziario pari a circa 2 miliardi.

«Il settore idrico – spiega la nota - manifesta un sensibile miglioramento degli indicatori economici e finanziari tra 2012 e 2014. Questo fenomeno trova la sua spiegazione nelle novità di governance del settore, introdotte con l'assegnazione di un mandato di regolazione a un'autorità nazionale indipendente. La regolazione ha conferito certezza ai flussi di cassa della tariffa e favorito un recupero delle tariffe rispetto ai costi del servizio, è ora di pensare al consolidamento per raggiungere una scala finanziaria ed economica efficiente». Nel quadro di questi numeri molto positivi, va sottolineato che le mono utility mostrano un ebitda più elevato rispetto alle multi-utility.

In aggiunta, gli indicatori di redditività, produttività e indebitamento presentano una chiara tendenza al miglioramento al crescere delle dimensioni e della patrimonializzazione, a testimoniare il beneficio che può originare dalla crescita dimensionale delle gestioni minori. Al crescere del patrimonio netto aumenta anche la capacità di realizzare gli investimenti: le realtà più patrimonializzate investono di più e presentano una migliore capacità di onorare i finanziamenti accesi.

Resta un forte squilibrio territoriale tra Nord e Sud per gli investimenti. Dall'analisi emerge una cesura: le evidenze mostrano che al Sud le immobilizzazioni materiali pro-capite sono mediamente inferiori, mentre il Nord-Est si caratterizza come l'area geografica in cui si è concentrato il maggior sforzo di investimento in anni recenti. Se si guarda agli indicatori di indebitamento si osserva un maggior ricorso alla leva finanziaria nelle aziende del Nord-Est, che hanno sperimentato con successo nuove modalità di accesso al credito.

Il miglioramento degli indicatori finanziari occorso tra il 2013 e il 2014, in un contesto di investimenti che non hanno ancora compiuto il salto di qualità auspicato, rivela che una parte del potenziale di indebitamento è rimasto inespresso, vuoi per la mancata volontà degli operatori di spingere ulteriormente sulla leva finanziaria, vuoi per la cautela dei finanziatori nei confronti di una regolazione in attesa di completamento. A parità di altre condizioni, il potenziale di leva finanziaria addizionale attivabile dalle prime 100 gestioni del servizio idrico raggiunge i due miliardi di euro. «È un dato quest'ultimo – spiega l'analisi - che suggerisce che i progressi favoriti dalla regolazione sono anche superiori a quanto desumibile in termini di investimenti programmati per il periodo 2014-2017». Le maggiori risorse potenzialmente attivabili sono coerenti con un volume di investimento non distante dal reale fabbisogno, ovvero con i 5 miliardi di euro l'anno delle migliori esperienze europee.

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