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L'Antitrust sui rifiuti: in pensione le piccole gestioni ventennali e spazio a un sistema basato sulla concorrenza

di G. La.

Mandare in pensione il modello delle piccole gestioni ventennali affidate a società pubbliche. E mettere in piedi un sistema realmente basato sulla concorrenza, con imprese efficienti, bacini di raccolta più ampi e un sistema di regolazione più coerente, nelle mani dell'Autorità per l'energia. Sono le indicazioni che arrivano dall'Antitrust: l'Autorità garante per la concorrenza e il mercato ieri ha presentato la sua indagine conoscitiva sul mercato della gestione dei rifiuti urbani, avviata nell'agosto 2014 a seguito di diverse segnalazioni sulle criticità del settore. L'obiettivo è accrescere la concorrenza per aumentare la raccolta differenziata dei rifiuti, favorendo il riciclo e la termovalorizzazione.

«Quella della gestione dei rifiuti urbani – ha spiegato il presidente dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato, Giovanni Pitruzzella – è una grande questione economica, ambientale e anche giudiziaria: basti pensare all'intensa attività delle eco-mafie in questo campo e quindi alla necessità di intensificare il controllo di legalità soprattutto nelle regioni meridionali». A suo parere, «una maggiore e migliore conoscenza della situazione, come risulta da questa ampia Indagine dell'Antitrust, può suggerire interventi innovativi e risolutivi».

Il punto centrale è l'adeguamento dell'Italia alla direttiva europea che prevede una quota di riciclo pari al 50% entro il 2020, mentre nel nostro paese è di circa il 39% (dati Eurostat 2013) contro il 65% della Germania, il 58% dell'Austria e il 55% del Belgio. Per centrare questi target, la concorrenza è fondamentale. In base alle indicazioni raccolte dall'Authority, la quota di differenziata e di riciclo potrebbe essere ulteriormente incrementata attraverso il "porta a porta". Al momento è la modalità più costosa, ma complessivamente realizza una gestione dei rifiuti più economica (perché produce valore) e più ecologica (perché promuove l'uso di prodotti riciclati). Una riorganizzazione della filiera, allora, può essere vitale. Attualmente il modello è incentrato sui Comuni, con la presenza di un gran numero di operatori di piccole dimensioni e un frequente ricorso all'affidamento del servizio (per durate troppo lunghe, fino a venti anni) in via diretta e senza gara.

La proposta dell'Antintrust, allora, è di rivedere le modalità di affidamento della raccolta, privilegiando la gara laddove possibile, limitandone la durata a un massimo di cinque anni e vincolando gli affidamenti in-house a un benchmarking di efficienza. Ancora, bisognerebbe ridefinire i bacini per la raccolta, in modo da differenziarli e ampliarli per le fasi a valle (trattamento meccanico-biologico e termovalorizzazione), con una gestione che disincentivi il conferimento in discarica, utilizzando meglio lo strumento dell'ecotassa per rendere economicamente più conveniente il ricorso ai trattamento meccanico biologico e ai termovalorizzatori. Importante sarebbe anche applicare un modello di regolazione centralizzato, affidando le competenze – per esempio – all'Autorità per l'energia. A tutto questo, secondo le indicazioni dell'Antitrust, si deve aggiungere poi una riforma del sistema consortile (Conai), al quale viene riconosciuto il merito di aver svolto finora un ruolo fondamentale nell'avvio a riciclo della differenziata, ma che dovrebbe adesso evolversi in un modello concorrenziale per garantire che i produttori di imballaggi rispettino il principio "chi inquina paga".

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