Imprese

Acqua/1. Crescono gli investimenti ma il Sud resta al palo

di Giorgio Santilli

Contestazioni e ricorsi dei gestori del servizio idrico all'Autorità per la riduzione del tasso di rendimento del capitale investito nella nuova tariffa 2016-2019, rinvio della decisione del Consiglio di Stato sulla legittimità della nuova tariffa idrica, leggi regionali come quella della Sicilia e calendarizzazione a sorpresa in Parlamento di un disegno di legge del Movimento Cinque stelle che rilanciano il tema della pubblicizzazione estrema del servizio: torna a crescere la tensione sul settore dei servizi idrici che già furono il cuore dello scontro referendario del giugno 2011. Da allora, però, per il settore è cambiato praticamente tutto, con la regolazione affidata all'Autorità dell'energia e del gas (e ora dei servizi idrici) che ha promosso una nuova tariffa legandola all'effettivo svolgimento di investimenti da parte dei gestori. Gli aumenti tariffari medi annui sono stati del 4% con punte del 9% (le tariffe italiane erano e restano mediamente fra le più basse d'Europa).

Gli investimenti sono ripartiti, in effetti, grazie alla stabilizzazione delle regole che viene apprezzata da chi deve investire e da chi finanzia i progetti, passando dai 961 milioni del 2012 a 1,49 miliardi del 2015. Eppure - a dispetto del percorso fatto e ulteriormente rafforzato a fine dicembre con tre delibere dell'Autorità sul metodo tariffario 2016-2019, sulla convenzione-tipo e sui livelli minimi di qualità del servizio che devono essere garantiti dai gestori - nelle ultime settimane si sono moltiplicati i segnali di incertezza. L'Autorità va avanti per la propria strada e in una elaborazione, presentata un paio di settimane fa in un seminario riservato, traccia il bilancio del lavoro svolto. In tre quarti del Paese gli investimenti hanno segnato una crescita notevole, spinti dalla stabilizzazione regolatoria e dall'articolazione tariffaria garantita dall'Autorità - grazie agli schemi regolatori - per territori e livelli di investimento: nel Nord-Ovest si passa da 180 milioni del 2012 a 425 del 2015, nel Nord-est da 250 a 415, al Centro da 320 a 410.

Solo il Sud, dove la regolazione tariffaria dell'Autorità fa più fatica a imporsi, arranca: resta fermo introno ai 150 milioni nel Mezzogiorno continentale, cresce poco ma resta sotto i 40 milioni.Le elaborazione dell'Autorità rilevano come ci sia un relazione diretta fra aumenti tariffari e investimenti pianficati: al Centro con un aumento nel 2014 del 6,19% si raggiunge il picco di 192,4 euro di investimenti procapite. Nel Nord-est aumento del 5,87% con investimenti pro capite di 144,2 euro. Nel Nord-ovest 6% e 113 euro per abitante. Al Sud siamo a 75,3 euro per abitante, nelle isole a 63,9.La nuova tariffa si applica per il 68% della popolazione servita mentre per il 3% è rimasta congelata e per il 12% si è avuto una riduzione tariffaria per inadempimenti delle autorità di ambito o dei gestori.

L'Autorità deve ancora deliberare per il 17% degli abitanti: mancano gran parte di Sicilia e Campania, alcuni ambiti al nord, come Brescia. Sui costi, ancora lontana la definizione di costi standardizzati, l'Autorità vuole stimolare l'efficienza con un parametro medio di riferimento (Opm) ancora grezzo che divide i costi totali per il numero di abitanti. Nella nuova tariffa 2016-2019 l'Autorità lancia un'altra priorità dopo quella degli investimenti del primo ciclo: l'aggregazione delle gestioni, con incentivi ai gestori che si mettono insieme. La frammentazione è ancora elevatissima e resta una delle emergenze, con oltre 2.900 gestori a vario titolo.

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©