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Inceneritori, le regioni (divise) accettano i nuovi impianti, ma chiedono più poteri

di Massimo Frontera

Ancora qualche giorno per cercare di avvicinare ancora di più le posizioni tra le Regioni e il Governo sul decreto rifiuti che - stando alle indiscrezioni sulle ultime versioni del testo - prevede la realizzazione di otto nuovi impianti.
Nella conferenza Stato-Regioni di mercoledì 20 gennaio, è emersa la spaccatura tra le regioni. Una maggioranza di 15 regioni ha dato un parere favorevole al testo (condizionato all'accoglimento di alcuni emendamenti) e cinque regioni - Lombardia, Marche, Umbria, Abruzzo e Molise - hanno invece votato contro il testo del governo. L'esito della votazione ha dunque visto un parere positivo approvato a maggioranza. Parere che però non è stato ancora formalizzato.
Il sottosegretario agli affari regionali Gianclaudio Bressa si è fatto carico di gestire il conflitto cercando di avvicinare il più possibile le posizioni tra governo (fermamente deciso a realizzare i nuovi impianti, anche per evitare costose procedure di infrazione comunitaria) e le regioni (che difendono le loro prerogative di programmazione). È per questo che gli enti territoriali hanno chiesto di accogliere nel testo alcuni emendamenti che hanno lo scopo di temperare il "dirigismo" statalista, prevedendo spazi, modalità e procedure che tengano in maggior conto le esigenze dei territori. Formalmente, l'esito della seduta è quella del "rinvio", ma di fatto il parere è stato concesso. Nei prossimi giorni si cercherà di limare il testo che, entro gennaio, potrebbe già tornare in conferenza per la formalizzazione del parere.

Regolamentare il trasferimento dei rifiuti tra le regioni
A parte la richiesta di aggiornare i dati relativi a tre regioni (Toscana, Marche e Umbria), le amministrazioni territoriali pongono al governo alcune questioni di carattere generale. La prima riguarda il trasferimento dei rifiuti. «Si chiede - precisa un documento consegnato al governo dalle regioni - di disciplinare i principi regolatori per il trasferimento dei vari flussi dei rifiuti in ambito interregionale al momento assenti: in proposito occorre infatti sottolineare un progressivo svuotamento del potere programmatorio e regolamentare delle regioni, anche in relazione al progressivo passaggio da impianti di smaltimento di rifiuti tramite combustione a veri e propri impianti di recupero energetico». Le norme - sostengono le regioni - infatti non vincolano gli impianti a smaltire solo i rifiuti speciali di un determinato territorio.
A questo proposito le regioni chiedono che il raggiungimento dell'autosufficienza e dell'equilibrio socio-economico tra le diverse aree del paese debba prevedere degli appositi «accordi tra le regioni interessate» sul conferimento dei rifiuti urbani e assimilati.

Rispettare le prerogative della programmazione regionale
Un altro punto sensibile è quello delle prerogative regionali in materia di programmazione. Gli enti territoriali tornano a chiedere con forza che l'individuazione del numero e della capacità dei nuovi impianti avvenga «nel rispetto della programmazione regionale». Non solo. Si chiede che la lista dei nuovi inceneritori da realizzare non sia vincolante ma abbia invece un «carattere ricognitivo». E si torna a chiedere che «l'individuazione dell'effettivo fabbisogno impiantistico con riguardo alle previsioni temporali di incremento della raccolta differenziata per raggiungere i livelli minimi previsti dalle norme» resti «riservata ai piani regionali».

Otto nuovi impianti in sette regioni
Secondo le indiscrezioni sul testo che andato all'esame della conferenza, la lista conta otto impianti da realizzare in sette regioni: Umbria (capacità di 130mila tonnellate/anno); Marche (190mila tonnellate/anno); Lazio (210mila tonnellate/anno); Campania (300mila tonnellate/anno); Abruzzo (120mila tonnellate/anno); Sardegna (101mila tonnellate/anno); Sicilia (due impianti per 690mila tonnellate/anno). Confermata in Puglia la scelta di potenziare gli impianti esistenti.

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