Imprese

Gottardo, i ritardi dei collegamenti ferroviari con il tunnel svizzero costano sei miliardi all'Italia

di Marco Morino

La Svizzera corre, l’Italia è ferma. È questo, in sintesi, il messaggio che affiora dal dibattito organizzato ieri, a Milano, dal Certet Bocconi sul corridoio multimodale Italia-Svizzera e sull’impatto che le grandi opere ferroviarie elvetiche, in corso di realizzazione, avranno sul sistema della logistica e dei trasporti del Nord-Ovest.

Lo sviluppo della portualità ligure - spiega il rapporto curato da Oliviero Baccelli, direttore del Certet Bocconi - e il completamento dei tunnel svizzeri, previsti entro il 2016 (tunnel del Gottardo) ed entro il 2020 (tunnel del Ceneri), non sono accompagnati, sul versante italiano, in modo adeguato dallo sviluppo delle reti ferroviarie di accesso e «pertanto - si legge nel rapporto - l'ipotesi di poter ribaltare le condizioni di competitività della portualità del Mediterraneo rispetto a quella del Nord Europa saranno disattese per un periodo transitorio».

Il «periodo transitorio» è fissato dal Certet in cinque anni, ovvero dall’inaugurazione del nuovo tunnel di base del Gottardo (2016), parte integrante del corridoio Reno-Alpi (Genova-Rotterdam), fino all’attivazione del Terzo valico Genova-Milano (2021). Secondo le stime del Certet, i cinque anni di ritardo della parte italiana del corridoio Reno-Alpi causeranno al sistema Italia mancati intoiti per circa sei miliardi di euro (1,2 miliardi l’anno), in termini di: sviluppo frenato del traffico merci sull’asse Genova-Rotterdam, mancati miglioramenti della qualità dei servizi di trasporto e mancata riduzione dei costi. Tra l’altro ci rimette pure il Fisco, visto che ben il 55% di questo valore è potenzialmente destinabile all’erario italiano. «Lungo il corridoio Reno-Alpi - spiega Baccelli - è previsto un aumento dei flussi di merce di circa il 40% tra il 2010 e il 2030. In particolare, lungo questa direttrice i traffici ferroviari, grazie ai nuovi tunnel di base svizzeri, potranno crescere del 55%. È un’opportunità che l’economia italiana, i porti liguri e le imprese esportatrici del Nord-Ovest non devono lasciarsi sfuggire». Per i porti liguri (si veda l’altro pezzo in pagina) il corridoio multimodale Italia-Svizzera permetterà di estendere i bacini di mercato ben oltre le Alpi, facendo diretta concorrenza ai grandi scali del Nord Europa.

Il problema è che, al momento, l’Italia non è pronta ad agganciare i grandi di assi di trasporto intermodale. «Oggi - afferma Giancarlo Laguzzi, presidente di Fercargo, l’associazione delle imprese ferroviarie merci private - il Terzo valico è un progetto di galleria, non un progetto di sistema». Ma per trasformarlo in un progetto di sistema è necessario l’appoggio del mondo politico. Entro il 2020 la Svizzera completerà sugli assi ferroviari un piano di investimenti di 17,6 miliardi di euro, tutti già finanziati. L’Italia ha in programma 11 miliardi di euro di investimenti entro il 2025, di cui attualmente solo 3,75 effettivamente disponibili. Fercargo ricorda che non sono ancora finanziati i lavori di potenziamento del nodo ferroviario di Milano e di adeguamento delle linee a sud verso i porti liguri e verso il centro Italia, che consentano la circolazione anche in Italia di treni lunghi 750 metri e pesanti 2mila tonnellate. «Purtroppo - dice Laguzzi - dovranno essere ancora di 500 metri verso Genova e di 550 metri verso il centro Italia e pesanti al massimo 1.600 tonnellate: in pratica siamo meno efficienti del 20% degli altri Paesi europei».

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