Imprese

Aeroporti: un passo importante ma con cinque anni di ritardo

di Giorgio Santilli

L'approvazione definitiva del piano aeroporti è una buona notizia per l'Italia, anche se arriva dopo oltre cinque anni dall'avvio del percorso con lo studio (davvero eccellente per gli standard italiani) di One Works-Kpmg-Nomisma per l'Enac. Siamo un Paese che ha dimenticato come si fa buona programmazione e i ritardi nell'approvazione di un piano come questo nascono da una sommatoria di inefficienze pubbliche: dall'inerzia di qualche ministro (non Maurizio Lupi che l'ha rilanciato né Graziano Delrio che lo ha portato al
traguardo) alle resistenze campanilistiche sul territorio, da procedure incerte e sempre cangianti a blocchi inspiegabili lungo il percorso amministrativo, dalla sottovalutazione del valore economico degli aeroporti alla pretesa di tenere in piedi anche gli scali che non hanno i numeri e i piani economico-finanziari per stare in piedi.

Siamo alle solite: in Italia è più facile mettersi di traverso e fermare tutto piuttosto che mettere tutti d'accordo intorno a un tavolo (istituzionale) per fare cose buone.Ma - dicevamo - ieri era un bel giorno e bisogna prendere il meglio da questa esperienza faticosa.

La prima cosa buona è, se vogliamo, un segno del destino: un piano che l'Italia attende da 25 anni arriva proprio nel momento in cui il ministro delle Infrastrutture ha deciso di rilanciare la programmazione per «piani strategici» come leva per tornare a scegliere le cose utili da fare distinguendole dalle molte cose inutili preda dell'effetto-annuncio. Il piano aeroporti diventa "legge" in attesa che arrivino al traguardo finale anche il piano dei porti, il piano dell'Anas sulle strade, quello di Rfi sulla rete ferroviaria e così via. È una spinta nella direzione giusta della nuova programmazione che entro la fine dell'anno dovrebbe trovare l'apice con il nuovo "piano Delrio" complessivo di tutti i piani e tutti gli strumenti finanziari comunitari, nazionali e locali.

La seconda ragione di cui essere contenti è che un piano strategico come quello degli aeroporti, se entra in un quadro di programmazione che via via riguadagna spazio e forza, a sua volta produce buona programmazione. Mette paletti distinguendo quel che bisogna fare da quello che bisogna lasciare da parte. A valle del piano aeroporti ci saranno i progetti dei collegamenti ferroviari fra le città e gli aeroporti. Non illudiamoci: i tempi saranno ancora lunghi. Ma almeno i tempi delle decisioni politiche saranno inevitabilmente più brevi perché cosa bisogna fare c'è già scritto in questo piano. Si tratta di realizzarlo.

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