Imprese

Fiumicino/2, investimenti in aumento ma si è perso troppo tempo negli anni scorsi, ora bisogna correre

di Giorgio Santilli

Prima di addentrarsi nell'esame delle vicende strategiche che riguardano il piano di sviluppo dell'aeroporto di Fiumicino, è giusto porsi una domanda preliminare che ha molto a che fare con quelle vicende (in ritardo di almeno dieci anni) ma, ancora di più, con lo sviluppo complessivo di un Paese che ha smarrito da tempo la strada dello sviluppo. È possibile - ecco la domanda - che un Paese che si riempie la bocca di riforme e modernizzazione impieghi sei anni per approvare un Piano nazionale degli aeroporti? È un costo che l'amministrazione pubblica e la politica possono ancora pensare di accollare sul sistema economico italiano? Attenzione, qui non parliamo delle proposte mitiche di un piano nazionale aeroporti, di cui in realtà si parla da almeno trenta anni, ma della traduzione in piano politico, amministrativo e operativo di una formidabile proposta di piano elaborata da tre consulenti, One Works, Kpmg e Nomisma, per conto di Enac nel 2009, proposta che aveva il merito di farci recuperare mezzo secolo di ritardi culturali rispetto al resto d'Europa e superare un campanilismo votato alla frammentazione e all'inefficienza. È una buona notizia che ieri la commissione Trasporti della Camera abbia dato l'ok alla proposta che finalmente Delrio (merito suo) ha fatto approvare dal Consiglio dei ministri. Ma ci vorranno ancora mesi di polemiche per vedere un atto di strategia e programmazione che abbia operatività, vigenza e anche un minimo di capacità di incidere sull'assetto complessivo del trasporto aereo in Italia, sui piani dei singoli aeroporti, su quelli delle Fs per i collegamenti veloci tra città e aeroporti. Diciamo la verità: una vergogna italiana.
Se oggi Alitalia lamenta verso Adr e Fiumicino il rischio di perdere almeno una parte dei piani di sviluppo di quella compagnia che sull'hub romano ha puntato, quanto è lo sviluppo perso in questi anni dell'Italia al tempo stesso come mercato e sistema di operatori del trasporto aereo? Ci siamo crogiolati nell'idea che i vettori low cost potessero mettere una pezza (necessariamente di breve periodo) alle disfunzioni gravissime del sistema aereo italiano (magari puntando su scali indecenti agli occhi del mondo come quello di Ciampino) e non abbiamo voluto vedere che cosa in termini di mancato sviluppo significassero il ruolo di Alitalia fra salvataggi e rilanci, i balletti politici vergognosi su Malpensa (e Linate), i dieci anni necessari persi per approvare gli adeguamenti tariffari di Fiumicino, Sea e Venezia.
Perché dopo questo giro di inefficienza nazionale, a Fiumicino è giusto tornare. Un hub che si è dato come obiettivo 50 milioni di passeggeri entro dieci anni (sono stati 38,5 nel 2014 ed è stato un record) e che si è impegnato a investire tre miliardi entro il 2021 e ora deve dimostrare di saper recuperare il tempo perso.

Lasciamo perdere qui il discorso generale su un sistema italiano di concessioni che non spinge e non incentiva abbastanza i concessionari a investire (e al tempo stesso non prevede adeguate sanzioni per chi non investe), basta il caso di Fiumicino come caso di scuola dei ritardi della burocrazia italiana. Un piano di investimenti che ufficialmente vale 11 miliardi al 2044 e che è rimasto bloccato per dieci anni per il mancato adeguamento delle tariffe aeroportuali (anche queste, per altro, oggetto di scontro fra gestori e compagnie). Un balletto di decreti, rimpalli di responsabilità politiche e amministrative, procedure straordinarie per aggirare procedure ordinarie che non funzionavano e non garantivano ai grandi gestori ritorni adeguati: un potenziale di crescita sprecato che paghiamo ora e pagheremo ancora per i prossimi anni.
L'approvazione del piano tariffario di Adr nel 2013 ha ovviamente sbloccato l'impasse e cambiato le cose: ora il gestore di Fiumicino può dimostrare di voler crescere rapidamente e ha accelerato notevolmente gli investimenti passando dai 50 milioni del 2013 ai 170 milioni del 2014, ai 350 milioni in corso nel 2015.

Soprattutto Adr ha dimostrato di aver capito due cose fondamentali: la prima è che Fiumicino, grazie alla nuova Alitalia-Etihad ma più in generale per propria scelta strategica autonoma, deve immaginare il proprio sviluppo nella battaglia globale del trasporto aereo mondiale, potenziando rotte e collegamenti internazionali (anche perché sul mercato interno della mobilità "ricca" la partita sembra essere stata vinta definitivamente dalle ferrovie secondo il disegno originario di Mauro Moretti e quello ulteriore della liberalizzazione ferroviaria); la seconda è che non basta sbloccare la burocrazia (come è successo finalmente con il piano Adr) e non basta neanche dar sempre tutte le colpe alla burocrazia perché c'è un momento in cui a galoppare devono essere le imprese. E certamente la fusione Gemina-Atlantia, che di fatto ha messo il piano operativo di investimenti di Fiumicino nelle mani della squadra vincente di Autostrade per l'Italia guidata da Giovanni Castellucci, ha dato la scossa che serviva nel senso di accelerazione e realizzazione degli investimenti promessi.

Nelle previsioni di attuazione di un piano in concessione, bisogna restare sempre con i piedi per terra, molto vigili e i prossimi anni ci diranno se il piano di sviluppo di Fiumicino Sud (aree di imbarco E ed F con 90mila metri quadrati e 14 pontili, riqualifica della pista 3, sviluppo del nuovo impianto di smistamento bagagli Bhs-Hbs al Terminal 1, riqualificazione della viabilità al livello Arrivi) procederà secondo gli impegni assunti e consentirà effettivamente di portare la capacità a 42 milioni di passeggeri (poco più di una boccata d'ossigeno nella situazione attuale).
La partita in palio per il gruppo di comando di Adr è non solo consolidare questi risultati e rimandare rapidamente un'immagine nuova dello scalo romano nel mondo, ma anche pensare al vero sviluppo di Fiumicino Nord per arrivare a 100 milioni di passeggeri. Finire la fase 1 secondo il cronoprogramma previsto, vuol dire anche passare a un piano dettagliato (che oggi non c'è ancora) per lo sviluppo dell'hub a nord e per restare - come Italia e non solo come Roma - nella partita globale del trasporto aereo.

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